SALEMI – In Italia la medicina palliativa nasce negli anni ’70 quando, l’iniziativa congiunta di una Fondazione privata, la Fondazione Floriani di Milano, e il Servizio di Terapia del Dolore dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, crea le premesse per lo sviluppo di un programma complesso ed articolato di intervento sul malato oncologico terminale in grado di aggirare le difficoltà e le carenze normative ed istituzionali del Sistema Sanitario Italiano.
La cultura delle Cure Palliative porta ad una filosofia tutta italiana di concezione di “presa in carico” del paziente in fase avanzata di malattia, prima attraverso la realizzazione di strutture residenziali chiamati hospice alla maniera inglese, poi con la creazione delle premesse di assistenza domiciliare integrata eseguita da equipe di sanitari composte da medici, psicologi, infermieri, fisioterapisti, etc, e successivamente con l’ideazione della “rete” che fa in modo che attorno al paziente, ed ai suoi familiari, vengano costruiti servizi in maniera organizzata e puntigliosa accessibili in maniera diretta ed immediata, e serve a favorire non solo la deospedalizzazione dei pazienti oncologici in fase di malattia avanzata, ma a garantire la permanenza a domicilio come luogo elettivo per l’umanizzazione delle cure di un utente, temporaneamente o permanentemente non autosufficiente, e che necessita di cura e assistenza continuata. Progettare e realizzare una rete di cure palliative in tempi di spending review rappresenta però una sfida sicuramente difficile ma non impossibile. Sulle Cure Palliative, sono stati scritti innumerevoli libri, annotazioni e, per l’importanza sociale che sempre più rivestono, in poco tempo, sono state emanate leggi e norme esplicative alle quali rimane molto poco da aggiungere. Per questo motivo chiunque si ritrovi a dovere organizzare un progetto di Rete, non deve fare altro che applicare ed adattare quanto già è stato scritto, ed è esistente, e calarlo su un territorio in maniera misurabile e replicabile secondo criteri di valutazione oggettive. E’ corretto comunque annotare che non è ancora chiaro a tutti che l’Assistenza domiciliare, e le Cure Palliative in particolare, non rappresentano un aggravio del costo sociale della sanità, ma rappresentano l’unico mezzo per razionalizzare quantità e qualità dei servizi con netta riduzione dei costi della sanità stessa. E quando non è più possibile gestire a domicilio un paziente complesso è sicuramente l’Hospice, a offrire il riparo dalla disperazione, dal dolore e dalla sofferenza. Luogo molto particolare, dedicato alle cure palliative e alla terapia del dolore, struttura in grado di fornire in primis cure adeguate ai bisogni del malato e della sua famiglia, ma anche in grado di offrire: qualità di vita ai malati assistiti; cura attiva e globale e salvaguardia della dignità e dell’autonomia del malato; supporto psicologico e sociale ai malati e familiari.
Quando si lavora nel campo delle cure palliative ogni giorno rappresenta una sfida, gli operatori sono abituati a trovare soluzioni quando gli altri non hanno più armi adeguate, e ogni giorno bisogna affrontare problemi organizzativi, questioni legate al presente e ad un futuro prossimo di una attività assistenziale doverosa e civile, e perchè, non sempre è chiaro alle amministrazioni l’utilità di un servizio su cui incombe lo spettro del c.d. “costo”, e dove risulta fumosa la prospettiva del ritorno economico, perché non sempre le decisioni ai “massimi livelli” prendono in considerazione in maniera equivalente i due momenti sacri della vita: il nascere e il morire. Molte risorse vengono impiegate per rendere sempre più agevole e sicuro il momento della nascita, e al confronto pochissimo viene reso per rendere dignitoso il momento del morire.
Nella provincia di Trapani abbiamo cercato di trasferire nella pratica quanto le norme ci indicano in maniera sommaria, e su questa filosofia è stato costruito l’hospice a Salemi.
In Hospice, vige la più ampia informalità, e gli approcci sono improntati molto sulla base di rapporti tra persone e pochissimo sul versante medico/paziente. Molti pazienti arrivano in uno stato di fragilità complessa, ma non sempre in una fase di terminalità, ed in questi casi, come per tutti gli altri, l’intervento medico è il più professionale ma nel contempo il più discreto possibile. Gli atti assistenziali seguono percorsi e linee molto prestabilite, ma si cerca di non scadere mai nella ritmicità ospedaliera per non dare mai l’impressione di un luogo votato esclusivamente alla cura dei sintomi. Ogni approccio terapeutico, quando possibile, viene mediato dalla presenza dei familiari, che debitamente preparati partecipano ad ogni atto assistenziale. Per i pazienti non esiste alcun limite temporale di ricovero, e le eventuali dimissioni vengono sempre concordate con i pazienti o i parenti, previa riattivazione in manietra automatica del servizio di assistenza domiciliare. I punti qualificanti la struttura sono gli spazi colorati di colori pastello come l’arancio, inframezzati da quadri, piante e fiori. La degenza non prevede alcun onere economico ed è limitata al tempo necessario al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano assistenziale individuale. L’ospedale accanto ci garantisce per le poche necessità che nel corso del tempo possono essere richieste.
Su un libro all’ingresso sono trascritti i pensieri di tanti che hanno condiviso il nostro percorso. di Gaspare Lipari