Le difficoltà incontrate per una definizione adeguata di Poeta, le ritroviamo amplificate fino all’inverosimile quando si tenta la definizione di Poesia. Ed è inutile accanirsi nella ricerca, perché inesorabilmente si finisce per cadere nella solita confusione tra definizioni e classificazioni, esaurendosi poi il tutto nel solito, interminabile elenco di attributi, poetiche, mode, correnti, scuole, concezioni storico-linguistico-filosofiche, senza infine dirci cosa sia e il perché della Poesia. Ovviamente è da tenere separato il termine Poesia da quello di testo poetico, anche se spesso i due termini vengono confusi. Si dice infatti comunemente ho letto una poesia di Pascoli, ho ascoltato una poesia di Leopardi, ecc.
La Poesia è un’astrazione, una modalità concettuale, laddove il testo poetico è un’entità fisica di parole, scritte o dette, le cui modalità semiotico-semantiche si sono elevate a un livello poetico. Esiste dunque la Poesia di un autore che possiamo poi cogliere leggendone i testi.
Ma ritornando a cosa sia e al perché della Poesia, diciamo subito che le risposte sono difficilissime da darsi, perché in definitiva si tratta della medesima questione ontologica e teleologica che ci poniamo nei confronti della vita stessa, tranne che per il ricorso di alcuni a soluzioni religiose che non sono applicabili nel caso della Poesia, sebbene le origini del suo linguaggio possano risalire a primordialità liturgiche e apotropaiche. Essa comunque ci offre una rappresentazione del mondo attraverso visioni della realtà come da visuali impensate e impensabili che ci consentono di riconoscerci senza esserci mai visti o di rivederci finalmente dove ci siamo sempre visti ma mai riconosciuti. E’ proprio quello che avviene quando ci vediamo camminare in un film, ripresi a nostra insaputa o quando cogliamo improvvisamente la nostra faccia in un monitor davanti al quale passiamo distrattamente senza riconoscerci se non dopo una più attenta, seppure brevissima, osservazione. La nostra faccia, una cosa per noi comunissima, banale, diventa per un istante una visione straordinaria, tanto da farci tra- salire. Si spiegano così “l’urto del prodigioso” di Heidegger e lo “straniamento” di Victor Sklovskij.
“Urto del prodigioso” perché avverti la sensazione di essere immesso, per la prima volta, nell’ultima verità, la più sincera; di essere tu il prescelto di una rivelazione che riguarda i supremi destini dell’uomo, che consente non il riconoscimento dell’oggetto, ma la sua visione come evento di un nuovo possibile modo di rappresentazione della realtà, cioè del mondo.
“Straniamento” in ambito linguistico, per l’uso straordinario che la Poesia fa della parola, la cui forza nominativa viene esaltata e deformata dall’autonomia che il linguaggio poetico restituisce al significante, cioè alla componente fisica (suono, forma, posizione) della parola, liberandolo dalle regole del linguaggio convenzionale per consentirgli, mediante artifici retorici, non solo quella espansione semantica che consente di presentare l’oggetto della conoscenza come visto per la prima volta, ma la sua stessa semantizzazione, elevandolo allo stesso livello del significato e a volte ancora più in alto. Non c’è un’entità artistico-letteraria che più della Poesia sappia agire sul significante della parola in modo così incisivo e determinante fino a violare ed infrangere, da un lato, ogni patto linguistico precedentemente e convenzionalmente stabilito e creare, dall’altro, nuovi linguaggi e nuove modalità espressive che a volte diventano veri e propri idioletti, cioè originali ed inconfondibili codici personali che ci fanno riconoscere subito quel poeta.
Questa capacità di creare nuove modalità di rappresentazione della realtà fa sì che la Poesia diventi un potente mezzo di conoscenza e di rivelazione, consentendo al Poeta di vedere ciò che sfugge agli altri, ai quali viene rivelato per miracolo di parola.