Il professore Vannoni presidente di una fondazione (Stamina Foundation) è stato l’autore di una presunta cura che sfrutta le cellule staminali. La sua idea è che le cellule staminali (in particolare quelle di un certo tipo, dette mesenchimali) possano curare diverse malattie, specie quelle neurodegenerative (come le paralisi, le sindromi neurologiche e certe malattie congenite). La “terapia” è somministrata in locali di proprietà dell’azienda sanitaria di Brescia e negli anni sono diverse le persone che ne avrebbero provato le qualità. Quando si è sparsa la voce di un “centro” che curava questo tipo di malattie (spesso gravissime, che fanno condurre a chi ne è affetto una vita difficilissima e complicata da gestire da parte delle famiglie), sono aumentate le richieste di aiuto e così anche i pazienti che si affidavano alle sue cure. Le “terapie” erano effettuate presso l’ospedale di Brescia, sfruttando una legge del 2006 che permette la somministrazione di terapie dette “compassionevoli” quando non vi sono altre alternative terapeutiche valide per la malattia da curare. I dubbi sono sorti non appena ci si è accorti che chi “divulgava” questa cura non aveva mai pubblicato test, esperimenti, lavori clinici o altro sulla sua “idea”. Ancora più preoccupante scoprire che il dott. Vannoni non era un medico con esperienza specifica ma è laureato in lettere (ed insegna all’università di Udine “psicologia della comunicazione”), un professionista quindi del tutto estraneo al mondo della medicina. La magistratura ha disposto quindi delle indagini che sono passate al vaglio del Pm Antonio Guariniello, ma intanto la terapia è somministrata su ordine dei tribunali su diversi pazienti in Italia (con provvedimento d’urgenza). Si sono mossi così i NAS (Nuclei antisofisticazione dei Carabinieri) e l’AIFA (Agenzia italiana del farmaco), dopo il parere dell’Istituto Superiore di Sanità su questa presunta terapia, per ispezionare l’attività di questo centro, i suoi locali e la gestione delle presunte cure.
l’ispezione ha dato i seguenti risultati:
1. le modalità di conservazione dei campioni di cellule da trapiantare sono preservati in modo approssimativo, identificati da etichette scritte a matita e di non chiara interpretazione e quindi facilmente confondibili
2. In uno dei due campioni esaminati sono stati riscontrati inquinanti in grado di determinare rilevanti effetti biologici avversi come il rigetto cellulare e altre reazioni immunologiche.
3. Il metodo è descritto in modo superficiale e incongruo e prevede trattamenti con prodotti di origine animale vietati per uso clinico.
4. Le cellule prodotte dopo stimolazione in coltura hanno una irrilevante attività biologica ai fini della rigenerazione nervosa, che scompare dopo 24 ore, e la dose di cellule somministrate è minimale rispetto agli standard di terapie analoghe pubblicati in letteratura.
I pazienti che ricevevano le cellule prodotte da Stamina erano trattati in alcuni casi con cellule proprie (autotrapianto), in altri casi con cellule provenienti da donatori esterni (allotrapianto), in altri casi ancora e ciò ha destato profonda preoccupazione con cellule provenienti da altri pazienti malati, con la possibile trasmissione di gravi patologie. Il Board, applicando i principi base dell’etica medica, ritiene che il progetto terapeutico e le condizioni di applicazione della terapia siano assolutamente insufficienti e senza valida documentazione scientifica e medica a supporto riconosciuta. Sottolinea che i rischi biologici connessi alla terapia sono gravi e inaccettabili e che la conduzione della metodologia non solo non ha rispettato le norme di manipolazione e sicurezza, ma anche i più elementari standard di indagine di laboratorio. Da parte dell’associazione (è una ONLUS) nessun dato chiaro, nessuna statistica consultabile né risultato controllabile, nessuna sperimentazione. Il rapporto dell’AIFA è altrettanto allarmante: risulta addirittura che il “prodotto finale” ottenuto dalla lavorazione dei prelievi di midollo, non sia nemmeno “identificabile” (in pratica non subisce un’analisi approfondita ed adeguata) come “cellule staminali” e che chi inietta il prodotto non sa nemmeno da cosa sia composto esattamente. Se uniamo a questo le condizioni del “laboratorio” oggetto dell’ispezione dei NAS (definito carente anche solo per il livello di pulizia), il quadro è piuttosto sconfortante ed evidente. Si tratta dell’ennesima cura senza alcuna base, alcuna dimostrazione né test che illude chi ha bisogno d’aiuto. Infine secondo Vannoni, il motivo di tanta ostilità è da ricercare nel boicottaggio dei “poteri forti”. Le solite giustificazioni. Ecco la storia che ci porta a molte riflessioni e punti di domanda. Dico il mio pensiero:
Se una persona crede di aver scoperto una cura, deve semplicemente dimostrarlo e solo dopo somministrarla, altrimenti non susciterebbe nessuno scandalo un pranoterapeuta o un guaritore che curasse con medicine a base di erbe. Somministrare presunte terapie a persone ammalate non è un gioco né una lotteria, noi italiani, dopo la vicenda Di Bella, dovremmo averlo capito, invece cadiamo sempre nello stesso errore dettato da ignoranza ed obesa ottusità. Guardare dei bambini colpiti da gravissime malattie, spezza il cuore. Percepire dei genitori che venderebbero l’anima per i loro figli, spezza il cuore. Assistere al fatto che ancora oggi, in Italia, dopo Vanna Marchi e tutte le numerose truffe mediche che compaiono sulle pagine dei nostri giornali, si barattano le emozioni con le illusioni è triste e azzardato, soprattutto per quei bambini e quelle famiglie che qualcuno dice di voler tutelare. Non ci lamentiamo quindi se i nostri politici sono demagogici e banderuole, se cedono alla facile tentazione di “accontentare il popolo” fregandosene delle conseguenze, non ci lamentiamo se improvvisare e credersi dei nuovi scienziati è il lavoro più apprezzato in Italia; la massa gli corre dietro senza nemmeno chiedersi il perché. Questa vicenda mi ha procurato molta rabbia, vendere la vita e la dignità di un bambino gravemente malato a centri improvvisati che promettono miglioramenti solo immaginati è oltraggioso nei confronti di chi vogliamo bene. Dietro a quei bambini malati e alle loro famiglie c’è un numeroso gruppo di persone serie e preparate che studiano e lavorano “I Ricercatori” (spesso in condizioni precarie) in silenzio per provare a dare una mano senza per questo finire mai in televisione a fare le vittime di una cospirazione. Sfruttare le emozioni personali per vendere illusioni è il metodo più viscido e prediletto dai ciarlatani e coltivarne gli interessi, dandogli il consenso anche se in buonafede, significa esserne favoreggiatori.
Marilena Pipitone