L’importanza dell’organo nella musica sacra. Gli organi nelle chiese di Castelvetrano

L’organo è il più grande strumento musicale, per dimensioni e per varietà di suoni prodotti; la sua storia è ricca di fascino e appartiene ad un’epoca lontana.

Le canne metalliche verticali sono accoppiate a gruppi di 3 o 4 per tasto, il loro numero può variare da 200 a più di 30.000; ne esistono di due tipi fondamentali: quelle a flauto (senza lamelle) e quelle ad ancia (con lamelle flessibili di metallo o legno); nelle prime con le variazioni dei registri si ottengono tutti i suoni degli strumenti ad arco, nelle seconde di quelli a fiato.

Registri particolari imitano il suono degli archi orchestrali, e la “voce umana” Il suono ricavato è molto suggestivo, e dà l’idea di un coro di fanciulli.

Altri registri creano particolari effetti, come l’usignolo, le campane, le campane tubolari, i campanelli, il tuono e i timpani. In alcuni organi sono presenti anche i piatti, la grancassa e il rollante (denominato anche rollo o rullo).

Il primo organo, di cui esiste la descrizione, risale al 250 a.c. ed era ad acqua; in seguito il sistema idrico fu sostituito da un mantice. Detto strumento entra nella vita privata dei principi, nelle chiese e nei monasteri dopo l’anno 757, ossia dopo che l’imperatore d’Oriente Costantino V (718 – 775), ne mandò in dono un esemplare, da  Bisanzio, al re dei franchi Pipino il Breve.

Nell’anno 826, la corte carolingia fece costruire il primo organo europeo. Questo periodo storico è importante anche per la fusione avvenuta fra il canto gallico e quello romano, dalla quale sorse il canto gregoriano.

L’organo, come la massima manifestazione d’armonia terrena, ed i cori, intorno agli anni mille, entrano a far parte delle celebrazioni liturgiche.

Famoso è il grande organo del XVIII sec. nella Grote kerk di Haarlem adoperato, secondo la tradizione da Haendel e Mozart, ma l’organo di Passau a Venezia è considerato il più grande strumento del mondo all’interno di un luogo di culto.

Il declino dell’organo, incomincia nella seconda metà del ’800, fino ai primi del ‘900. La plurisecolare tradizione organaria italiana fu ripudiata e dimenticata.

Anche a Castelvetrano l’organo, collocato nelle chiese principali, nel passato ha vissuto un grande splendore; oggi  sta soffrendo il dimenticatoio sotto l’incalzare frenetico della fredda musica degli organi elettronici.

Nella Chiesa Madre abbiamo un organo databile inizi 1700, di notevole bellezza, ma anche di ottima fattura. Posto sotto l’ultima arcata della navata alla sinistra dell’altare maggiore, è fermo da molti decenni e nessuno si cura di restaurarlo. Ricordo che intorno agli anni ’50 era azionato da un mantice che noi ragazzi dovevamo azionare con una corda mentre l’organista suonava.

Scoprire il valore dei nostri tesori, dopo che è successo un fatto doloso, è una caratteristica tutta castelvetranese: vedi l’Efebo e la tela del Pardo. I nostri storici del passato, come il Noto e il Ferrigno, nei loro scritti hanno fatto un grande elogio di detto organo; mentre i nostri storici contemporanei, che stanno scrivendo molte notizie storiche sulla nostra città, non si sono accorti nemmeno della sua presenza.  Nel gennaio del 1986 il maestro Luigi Celeghin, del conservatorio S.Cecilia di Roma, ha espresso un giudizio molto positivo su detto organo. Questo gioiello dell’antichità ha bisogno di restauri urgenti, anche per evitare che i legni scolpiti ed intagliati, come pure la cassa di risonanza, pure in legno, si deteriorino irrimediabilmente. Questo lavoro potrebbe eseguirlo anche un nostro artigiano restauratore con poca spesa. Ma le canne e tutto il macchinario hanno bisogno di personale molto specializzato, come la Pontificia Fabbrica d’Organi “Tamburini” di Crema, che recentemente ha restaurato l’organo della chiesa di San Pietro a Trapani, inaugurato qualche anno fa, in occasione della visita del presidente Ciampi.

Altri organi si trovano nelle chiese di San Giovanni Battista, di San Francesco di Paola e di San Domenico.

Nella chiesa di San Giovanni il  05/07/1898 un incendio doloso distrusse l’organo preesistente e alcuni affreschi della navata. Quello esistente, collocato sulla porta maggiore risale ad una data posteriore al 1898.

Nella chiesa di San Domenico ne esiste uno molto antico, sorretto da mensole con teste di angeli una volta indorate, con una magnifica fattura esterna. Ma nella parte interna mancano canne, registri e mantice. Il tutto era stato portato via per creare un vano da adibire ad aula scolastica. Un atto di vandalismo da parte del Comune. Anche l’apertura per accedervi è stata chiusa.

In questi ultimi anni a Castelvetrano c’é un ritorno all’antichità, all’arte al bello; si stanno restaurando tanti edifici monumenti e chiese di interesse storico e architettonico, come la bellissima chiesa di San Domenico. Speriamo che arrivi anche il turno del restauro di questi tesori dell’antichità.

Vito Marino 


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