SANTA NINFA – Nonostante siano trascorsi 46 anni dal terremoto, in questi mesi, a tenere banco in alcuni paesi della Valle del Belice sono state le vicissitudini in ordine al rinnovo dei componenti della commissione di cui all’art. 5 della L. 178/76. Tale norma prevede: “Presso ciascuno dei comuni nel cui territorio dovranno essere realizzati alloggi da parte dei proprietari danneggiati e’ istituita una commissione composta: dal sindaco, o da un suo delegato, che la presiede; da quattro membri eletti dal consiglio comunale, di cui due eletti dalla minoranza; dal capo dell’ufficio tecnico comunale o da un suo sostituto nominato dal sindaco; da un impiegato della sezione autonoma dell’ufficio del genio civile o dell’ispettorato generale per le zone colpite dal terremoto, appartenente alla carriera tecnica direttiva o equiparata; da un impiegato amministrativo della sezione autonoma del genio civile o dell’ispettorato generale per le zone colpite dal terremoto appartenente a carriera non inferiore a quella di concetto o equiparata; da un rappresentante sindacale scelto dal consiglio comunale tra una terna proposta dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative; dall’ufficiale sanitario del comune, con voto consultivo.” La commissione così composta decide riguardo: “all’assegnazione delle aree necessarie per la ricostruzione degli alloggi; all’esame delle domande di contributo e all’approvazione dei relativi progetti; alla determinazione del contributo da concedersi al proprietario avente titolo”. Nel corso di questi 46 anni molte sono state le dispute intorno alle nomine e alle deleghe dei componenti. Recentemente, a Santa Ninfa la vicenda è approdata davanti al TAR. Ma andiamo a ricostruire il corso degli eventi. Il 04.02.2014, il Consiglio Comunale è chiamato a rinnovare i componenti. Prima della votazione, il capogruppo dell’”unica” opposizione consiliare, palesa i nominativi dei propri rappresentanti (Mistretta ed Alagna); ma, all’esito della votazione, mentre Mistretta ottiene 6 voti, invece, Alagna si ferma ai soli 5 voti dei consiglieri di minoranza. Il Presidente del Consiglio, seguendo la regola del maggior numero dei voti ottenuti dai candidati, proclama eletti i sigg.ri: Truglio 7 voti; Barbera 6 voti; La China 6 voti; Mistretta 6 voti. Subito dopo la proclamazione,il capogruppo della minoranza chiede di sapere “chi sono i due eletti dalla minoranza”. Non ottenendo risposta, i consiglieri di opposizione abbandonano l’aula in segno di protesta. Dall’indomani, la vicenda, come una palla del flipper “impazzita”, a causa di pareri provenienti da organi nazionali, regionali e persino locali, rimbalza sugli organi di stampa, in una sequela di articoli e di reciproche accuse, a volte con certe cadute di stile, che denotano il “puro nervosismo” e la difficoltà a scalare “gli specchi”, su una vicenda un po’ imbarazzante. In sintesi: la minoranza chiede la revoca, ma il sindaco procede con la nomina della commissione; i componenti si insediano, e la commissione “da informazioni che circolano” addirittura decide su alcuni progetti. Ma la commissione, vista l’opposizione della minoranza, poteva deliberare? Infatti, mentre la legge stabilisce che i componenti consiliari devono rappresentare, in perfetto equilibrio, tutte le forze consiliari, in virtù: della votazione; della proclamazione; e della nomina, dopo il 04.02.2014, a Santa Ninfa, in commissione art. 5, ci sono tre rappresentanti della maggioranza, ed un rappresentante della minoranza, votato anche dalla maggioranza. Di chi è la responsabilità? E’ stata una partita di calcio giocata male oppure “qualcuno” voleva “prendersi una rivincita” con la commissione che esamina i progetti dei cittadini di ricostruzione degli immobili? L’opposizione non si arrende, chiede “legalità” e “rispetto”. Non ottenendo risposte concrete, ricorre al TAR, notificando il ricorso al Comune il 09.04.2014, ovvero al fotofinish. Il Comune (come deciso dalla Giunta il 10.04.2014) resiste contro “i suoi stessi consiglieri”, con l’assenza degli assessori appartenenti alla “vecchia guardia”. Nel frattempo, si denota il colpo di scena della scoperta “giuridicamente” sensazionale dell’art. 21 dello Statuto comunale, che prevede il voto separato per garantire la rappresentanza della minoranza. Articolo da tutti ignorato per mesi, ma in vigore quasi da dieci anni, ed approvato, proprio mentre l’attuale sindaco era sindaco, al suo secondo mandato elettorale. Ma l’attuale sindaco, al terzo mandato, non doveva avere l’esperienza di aver contribuito ad eleggere e/o a nominare le commissioni art. 5 degli ultimi vent’anni? Come si era fatto negli ultimi vent’anni? C’erano state invasioni di campo o solo scontri tra “compagni” di squadra, con il “godimento” degli avversari? Ma torniamo al presente. Il 16.04.2014, la questione ritorna in consiglio, non per revocare la delibera ed evitare il contenzioso, come richiesto dalla minoranza, ma perchè tutta la maggioranza consiliare vuole impegnare il sindaco a resistere davanti al TAR. Leggendo gli atti, mi chiedevo, stanno girando un film comico o è una tragedia greca? O semplicemente è un mezzogiorno di fuoco alla santaninfese? Magari si tratta, solo di uno schema calcistico di nuova invenzione, che prevede 10+1 contro 5? Non sarebbe stato più semplice, più produttivo e più economico, “giocare” onorando le regole e senza invadere il “campo della minoranza” e rispettando “prima sé stessi e poi l’avversario”? Perché tanto “riscaldamento” per un componente in più o in meno? E’ una partita di calcio, un film o un atto amministrativo che deve rispettare la legge? Il 30 maggio 2014 è stata depositata la sentenza “breve”, emanata dal TAR, che stabilisce: “Il provvedimento impugnato deve, in parte essere annullato: il Comune provvederà tempestivamente (salvo ed impregiudicato il diritto dell’Alagna all’immediata nomina nella Commissione) ad individuare quale, dei due consiglieri di maggioranza che hanno ottenuto sei voti, debba essere estromesso (con effetto ex tunc) dalla Commissione medesima”. A questo punto, il risultato è chiaro? La minoranza, che in giudizio era rappresentata da un partannese, l’avvocato Giuseppe Accardo, ha vinto. La vicenda può dirsi però conclusa? Oppure lo possiamo chiamare “pasticcio in salsa rossa”? E chi era ai fornelli per cucinare una tale “squisitezza” per i santaninfesi? Mentre la minoranza rassicura che “sente il dovere” di “sorvegliare affinché chi ha sbagliato se ne assuma ogni responsabilità anche in termini politici ed economici”; la maggioranza? Da fonti riservate, critica la sentenza. Mentre si susseguono le vignete satiriche, ed i titoli di coda ancora non appaiono, si sente come sottofondo la mitica canzone di Vasco: Un senso. Ricordate? “Voglio trovare un senso a questa storia. Anche se questa storia un senso non ce l’ha?” Ma, forse, guardando a Santa Ninfa, un territorio che, da sempre, è stato il fiore all’occhiello del Belice, i cittadini della Valle Del Belice, andranno oltre ai formalismi, alle diatribe consiliari e agli “scontri”? Riusciranno ad abbandonare i vecchi schemi e le logiche “personalistiche”, per chiedersi (o avrebbero dovuto farlo dal 1976 ad oggi) se, i componenti della commissione art.5 eletti (di maggioranza o di minoranza) ed in genere i “nominati” della politica devono: rappresentare un contentino per gli scontenti del risultato elettorale? garantire “il potere” della maggioranza? assicurare la “rappresentatività” della minoranza? o invece semplicemente avere le competenze tecniche per fare ciò che prevede la legge? In un paese normale la risposta sarebbe ovvia, ma in Italia ormai la normalità è un’eccezione.
Batman