PARTANNA – Martedì 19 agosto alle ore 21 nei giardini del Castello Grifeo sarà presentato il libro “Partanna ‘mpinta a mala banna e tu…a cu apparteni?” pubblicato a cura di Giuseppina Trinceri.
Questo viaggio virtuale-letterario, con e per Partanna, inizia il 5 febbraio 2014 quando Veronica Russo crea il gruppo Sei di Partanna se… da quel momento in poi la community virtuale diventa un vero e proprio spazio comunicativo in cui i Partannesi, vicini e lontani, giovani e meno giovani, riescono ad esprimere tutti i sentimenti che girano attorno alla dimensione comunitaria e sociale del proprio amato ed odiato paese.
Il gruppo prende vita, anzi nei giorni a seguire l’entusiasmo cresce sempre più, fino al momento in cui…si propone di scrivere un libro perché un libro è sempre un libro e non passa mai di moda.
Il 28 febbraio 2014 Giusy Trinceri crea il gruppo Partanna ‘mpinta a mala banna, che prevede l’accesso ai soli membri che vogliono concretamente sostenere il progetto di stesura del libro. Segue la realizzazione di un sito: www.partannampintamalabanna.it, come spazio virtuale di scrittura condivisa, che ha portato, a poco a poco, alla scrittura vera e propria di questo libro.
La Partanna del XXI secolo, quello di Facebook, è una comunità (un gruppo) con un territorio ed un confine ma senza mura. Ad essa si appartiene, basti pensare al nome del gruppo: Sei di Partanna se…indipendentemente dall’iscrizione anagrafica, sia che si abiti nni lu chianu di San Carlu, a la Batia o a lu Camarru sia che si viva a in Brianza, in val d’Elsa o a Brucculinu.
Il suo territorio non appartiene alla geografia ma all’utopia; i suoi confini non attengono all’amministrazione ma delimitano un’identità e un sentire comuni.
Al fine di dare voce alle parole scritte nel gruppo “Sei di Partanna se” si è pensato di costruire una vera e propria storia attorno, dentro, con la community, affinché l’anima dei partannesi potesse prendere il volo. E’ così che lo scheletro del libro si è costruito: tramite una sorta di fiaba sociale: la storia di un ragazzino, figlio di genitori partannesi che però vivono in Svizzera ormai da anni, quel picciutteddu che potrebbe essere il figlio, il nipote di ciascun partannese.
Lu Picciutteddu offre la possibilità di identificarsi e andare alla scoperta di un paese semplice, eppur pieno di complessità e di contraddizioni. I post di questa comunità virtuale e attuale riguardano la memoria, la storia, la natura, la cultura di quella Comunità millenaria.
Documenti, fatti, luoghi, personaggi, avvenimenti, proverbi, abitudini, modi di fare e di dire, vezzi, atteggiamenti costituiscono la linfa vitale che alimenta la fonte di Mnemosine cui attinge il piccolo Federico, lu niputeddu continentali di nonno Vito, nel corso del suo lungo viaggio alla scoperta della partannesitudine, del genius loci, che si cela sotto l’antifrastica definizione di Partanna ‘mpinta a mala banna.
Nonno e nipote, tradizione e futuro insieme, legame tra ciò che è stato e nostalgia di un avvenire sognato, abbandono e ritorno continui in una circolarità senza fine ma non senza meta, percorrono i meandri del labirinto che custodisce la memoria e i misteri della comunità partannese.
Storia, memoria e tradizioni che Federico raccoglie in un tablet e poi imprime nelle pagine di un libro, questo, che affida al nonno perché lo porti con se nel viaggio, questa volta lui da “emigrante”, verso la sua ultima dimora dove continuerà a vivere con la testa tra le nuvole ma con le radici ben salde nella sua Partanna.
La fiaba ci parla al cuore, senza eccessivi tecnicismi e riferimenti storici, allo scopo di toccare intimamente e profondamente tutti e ciascuno.
Ogni partannese: vicinu o luntanu, giovani o vecchiu, masculu o fimmina, viddanu o dutturi, può rispecchiarsi nella storia del protagonista che cattura lo spirito di un paese e la restituisce ai propri cittadini per creare una nuova consapevolezza.
Inoltre, gli usi e i costumi raccolti nel libro ci offrono un percorso di riconoscimento individuale e sociale, perché tramite esso siamo in grado di capirci, comprenderci, identificarci, distinguerci e, soprattutto ritrovarci. Il paese diventa in questo caso uno spazio fisico e mentale comune. Il paese è un bene intellettualmente ed emotivamente partecipato: odiato e amato. Passando per le tradizioni, i personaggi, i luoghi, gli eventi caratteristici, la comunità ritrova se stessa, senza frontiere di classe o idee, spinta dal desiderio di rendere tutto lo spazio complessivamente casa. E come in ogni casa che si rispetti, il nostro paese è la casa in cui discutere, confrontarci, nasconderci, ma anche proteggerci, cullarci e, soprattutto, amarci.