PARTANNA – Eccezionalmente anticipiamo on line (per l’attualità facebookiana del tema) l’articolo della rubrica “critica” curata nel mensile Kleos (cartaceo) dall’Ispettore Vito Piazza che per l’occasione si è rivelato “meno graffiante” del solito come lui stesso è stato costretto a riconoscere alla fine del suo articolo che qui di seguito pubblichiamo.
Partanna mpinta a mala banna
di Vito Piazza
La cronaca è cosa nota: la sera di martedì 19 agosto il gruppo che aveva costruito il libro “Partanna mpinta a mala banna” mattone su mattone da segreto, è diventato pubblico: ci ha messo libro e faccia.
Il tempo (quello atmosferico) non era dei migliori: e allora nascondirello tutti nelle scuderie del castello. Il pubblico straripava, stava in piedi, accosciato, fuori dalle porte del castello sdraiato sui vicini antipatici….. Ma questa è cronaca.
A noi interessa la storia. Nato da vicende strane su facebook, il gruppo decide di lasciare il nome così come è: partanna mpinta malabanna, forse retaggio di un’ingiuria dei tempi andati quando bastava che tu fossi di S. Ninfa per essere considerato “straniu”.
Strano nella composizione era invece il gruppo: un onorevole (che fingiamo a fare? Uno solo ne abbiamo ed è Re Enzo, che i 23 lettori che mi seguono sanno essere il mio bersaglio preferito da queste pagine) un architetto, un ispettore del Miur, molti insegnanti, un informatico, una pittrice e altre splendide ragazze, fino ad arrivare a 14, c’era un poeta… Il fil rouge della serata era condotto da Italo Profera con quella sicurezza professionale che gli faceva pensare ad ogni momento: “ fermate il mondo, voglio scendere!”.
I parlatori di professione erano stati minacciati di essere impiccati sul posto dalla maestra e mamma Giusy Trinceri se avessero superato i 5 minuti. Minaccia da non prendere sottogamba perché nella borsa- a spettacolo avvenuto- la pallavolista aveva con sé corda e sapone. Inizia il signor Prezzemolo: Saro Guzzo, reduce dai successi in Argentina e a Tokio con le sue canzoni. E qui avviene il primo miracolo: un discorso che doveva limitarsi a chiamare ciascun componente per farsi vedere, invece di 5 minuti dura un’ora.
Si capisce come Mosè che impiegò 9 minuti per leggere i 10 comandamenti non conoscesse i tempi biblici di Saro. Mentre parlava il Prezzomolo qualcuno andava a sistemare dei pesci piranas nel suo bidè. Mentre scriviamo non sappiamo che fine abbiano fatto i piranas.
Degna di nota l’atmosfera: tutti raccolti, tutti in religioso silenzio, malgrado le numerose defaillences dei membri del gruppo. Ma quando parla il cuore… E qui il ricordo del ’68 urlato da Nino Crinelli in una poesia che faceva accapponare la pelle. E qui Italo. Fermi. Neppure chi scrive riesce a ridere.
“La mattina del 16 gennaio mia sorella aveva appuntamento con le sue nuove alunne a Montevago. Ci andò. (Italo si ferma, il pubblico applaude) Italo riprende: quelle ragazze mai si presentarono a scuola. Assenti ingiustificate? La morte, quella morte che ha raccolto con la sua nera falce quelle quattordicenni firmò la giustificazione….
Credo che nessuna celebrazione abbia superato il tributo di quella platea nei confronti di quelle ragazze. Saro – lo spettacolo deve continuare – continuò. E ciascuno potrà trovare nel libro ciò che la cronaca non dice. Non deve dire. I sentimenti veri hanno bisogno di silenzio. Foste stati presenti avreste visto l’onorevole raccontare barzellette, in realtà aneddoti su personaggi che hanno fatto la storia di Partanna.
Il senso di tutto – la nostra vita è una continua ricerca di senso – l’ha colto l’architetto Paolo La Rocca citando un citatore di Virgilio che disse: Mantua me genuit. Non ha detto il grande poeta dell’Eneide di essere stato generato da un padre e da una madre. E quel gruppo e il gruppo dei partannesi in ascolto diceva nel proprio cuore: Partanna me genuit. Quasi tutti lo pensarono ad eccezione di Saro che era diventato “cchiù zoppu chi latinu”.
Qualche piccola riflessione da studioso di psicologia sociale: sono stati effettuati esperimenti mettendo due gruppi a svolgere uno stesso tema o problema. Il primo di geni, il secondo di gente eterogenea, di qualunque tipo e cultura. Ebbene il gruppo che ha fatto meglio è il secondo. Significa che la diversità è un valore.
L’hanno dimostrato quelli del gruppo che si è “mostrato” non volendosi ESIBIRE.
Lealtà, autenticità, empatia fanno di un essere vivente un essere umano.
Quale il collante che ha fatto sì che il gruppo producesse un lavoro di gruppo?
Gli studiosi vi risponderebbero l’interdipendenza che la coesione fa diventare integrazione.
Ma forse il collante qui è stato un altro. Amore è una parola che si usa troppo, che ha perso il suo significato. C’è differenza tra amore maturo e amore acerbo. Per molti l’amore acerbo può essere sesso o ginnastica pelvica o frase per “accattarsi” qualcuno. L’amore acerbo dice: ho bisogno di te, perciò ti amo. L’amore maturo dice: TI AMO: PERCIO’ HO BISOGNO DI TE.
Il collante?
L’amore maturo per questo paese forse ‘mpintu a mala banna, ma che nessuno di noi cambierebbe. Un invito che fece un certo J. F. Kennedy agli americani: non chiederti cosa può fare Partanna per te, chiediti cosa puoi fare per Partanna.
Ma sei di Partanna solo se….. l’ami. Serata di buoni sentimenti. Pagina meno graffiante. Ma chi è quella atletica donna con il nodo scorsoio in mano?
Giusy!!! ………………….arrivedorci!
Vito Piazza