Bandire, dar pubblico avviso gridando o cantando, vendere all’incanto la mercanzia, imbonimento, è la traduzione che si può dare in italiano al vocabolo siciliano “abbanniata” o “vanniata”. Una volta la merce era conservata “nta li scaffiati” (negli scaffali) dei negozi o delle botteghe; a richiesta del compratore, il negoziante o il bottegaio, prelevava la merce e la consegnava. Il sistema di vendita “merce vista e gradita” è subentrato intorno agli anni ’60 con l’arrivo dei supermercati. In alternativa c’era il venditore ambulante, che portava la sua mercanzia su una cassettina messa a tracolla, su una bicicletta o su un carrettino spinto a mano o trainato dall’asinello. L’ambulante ed il bottegaio, tramite “l’abbanniata” (l’imbonimento), che significa letteralmente: rendere buono, stimolavano il compratore ad acquistare. “La robba abbanniata è mezza vinnuta”, “lu putiaru socc’avi abbannia” sono dei proverbi dei vecchi tempi, che si riferiscono a tale sistema di vendita. Così, i venditori, per meglio essere ascoltati, ma seguendo anche antiche tradizioni, spesso improvvisavano un canto con melodia araba. Ne ricordo uno cantato da un venditore di sale: “megghiu di l’ogghiu ci voli / e ci voli lu sali. / Sali haiu / iu vi vinnu lu sali”. Un’altra “abbanniata” caratteristica che ricordo è quella improvvisata da un venditore di veleni per topi: “Assa pigghia, assa mancia, la camula pei topi”. Questi canti spesso rassomigliavano allo stile di canto dei carrettieri, cha a loro volta provenivano dai canti arabi. Alcuni studiosi musicologi, infatti, hanno abbinato questo genere di canto fra quelli popolari. Ma c’era anche “lu tammurinaru” che, suonando il suo tamburo per richiamare l’attenzione della gente girava per le vie del paese e, ad ogni crocevia si fermava e “abbanniava”, annunciando la vendita di un certo prodotto. Si trattava della prima forma di pubblicità della storia.
Vito Marino