Fattori genetici del carcinoma mammario

A seguito delle numerose richieste arrivate alla nostra redazione, dato il notevole coinvolgimento mediatico risultante dalla dolorosa decisione della nota attrice americana Angelina Jolie di asportare entrambi i seni per il rischio genetico di sviluppare il cancro al seno, vorremmo questo mese dare qualche chiarimento alle nostre lettrici, impressionate forse da una scelta così drastica, senza avere la certezza di poter contrarre la malattia. Come tutti noi sappiamo, i tumori, soprattutto alcuni, presentano una componente ereditaria. Negli anni novanta sono stati identificati due geni (chiamati BRCA-1 e BRCA-2), le cui mutazioni sono responsabili del 75% delle neoplasie mammarie ereditarie, i rimanenti casi di carcinoma mammario ereditario sono dovuti ad altri geni non ancora identificati. È bene però puntualizzare che le mutazioni di tali geni predispongono all’insorgenza non solo di tumori della mammella, ma anche dell’ovaio. Ma andiamo con ordine. Innanzi tutto cos’è una mutazione genetica? Nei geni di un organismo umano è codificata la produzione di tutti quei fattori che regolano la vita dell’organismo stesso. Una corretta codifica di geni non mutati determina il normale accrescimento e ricambio cellulare. Una mutazione genetica è un errore di posizionamento di determinate molecole all’interno del nucleo della cellula, e determina la produzione di almeno un fattore proteico errato che può portare sia a nessuna conseguenza macroscopica, sia a produzione di fattori proteici od ormonali alterati che possono causare gravi conseguenze. Essendo i geni ereditari, un’alterazione genetica di un individuo può essere trasmessa al 50% dalla propria prole. Ecco il motivo per cui è possibile essere abbastanza sicuri di essere portatori di una mutazione genetica: nel caso in cui un genitore la porti, è molto probabile che essa possa essere ereditata dal figlio. I geni BRCA-1 e BRCA-2 codificano per due proteine che riparano eventuali danni al DNA nucleare; l’inattivazione (o mutazione) di questi geni non assicura più la produzione di queste proteine riparatrici, dunque predispone all’insorgenza di neoplasie mammarie ed ovariche. Le donne portatrici di queste mutazioni sono inoltre esposte ad elevati livelli di estradiolo e progesterone, i due ormoni femminili che in un terzo dei casi sono responsabili dello sviluppo di un tumore mammario (quello estrogeno positivo, appunto) od ovarico. L’incidenza del carcinoma mammario, del carcinoma ovarico o di entrambi i carcinomi nelle donne portatrici delle mutazioni BRCA1/BRCA2 è incredibilmente elevata. La disfunzione degli ormoni sessuali e l’alterazione della sensibilità ormonale dell’organo terminale potrebbero spiegare questa elevata specificità. In uno studio di “The Lancet Oncology” pubblicato nel novembre del 2013 si è valutata l’incidenza di insorgenza tumorale in donne portatrici di tale mutazione, ed i risultati sono stati ahimè incontrovertibili: rispetto alle donne negative per le mutazioni, nelle portatrici delle mutazioni, lo spessore dell’endometrio, corretto per età e giorno del ciclo mestruale, è risultato più alto durante la fase follicolare e più basso durante la fase luteale. I titoli medi di progesterone durante la fase luteale erano del 121% più elevati nelle portatrici rispetto alle donne negative per le mutazioni mentre quelli dell’estradiolo erano del 33% più elevati. Questo significa che il 59% delle portatrici delle mutazioni aveva concentrazioni sieriche ormonali enormemente più elevate rispetto al gruppo di controllo. In conclusione le donne portatrici delle mutazioni BRCA1/BRCA2 sono esposte a titoli di estradiolo e progesterone più elevati (noti fattori di rischio per il carcinoma mammario). I titoli di estradiolo più elevati nelle donne portatrici delle mutazioni sono compatibili con il possibile ruolo di questo ormone nella carcinogenesi anche a livello ovarico. Ma ancor più preoccupanti sono le stime una volta che è stato effettuato il test (e che sia risultato positivo): Le donne portatrici di una mutazione dei geni BRCA-1 o BRCA-2 sviluppano nel corso dell’esistenza un carcinoma mammario nel 50-80% dei casi ed una neoplasia ovarica nel 20-40% dei casi (se portatrici di una mutazione di BRCA-1) o nel 10-20% dei casi (se portatrici di una mutazione di BRCA-2). Si tratta di percentuali elevatissime. I carcinomi familiari, legati a mutazioni dei geni BRCA-1 e BRCA-2, tendono a manifestarsi ad una età più giovanile rispetto ai casi sporadici, anche se l’aumentato rischio connesso alla presenza di queste mutazioni persiste per tutta la vita. Dunque per prima cosa bisogna porsi il problema dell’ereditarietà, questi sono i criteri: presenza in una famiglia (tre generazioni), di più di due casi di neoplasia mammaria ed uno o più casi di tumore dell’ovaio, diagnosticati a qualsiasi età; presenza, in una famiglia, di più di tre casi di carcinoma mammario diagnosticati prima dei 50 anni. Il test genetico per la ricerca delle mutazioni di BRCA-1 e BRCA-2 viene eseguito sul DNA dei linfociti prelevati dal sangue periferico, il risultato viene ottenuto nell’arco di quattro-sei settimane e può essere effettuato in uno dei centri certificati per esami genetici. Il prossimo mese parleremo della possibile gestione del paziente dopo l’ipotetica positività al test.

Fabrizio Barone


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