Il sale e le vie del sale

Le vie del sale erano le antiche rotte di navigazione e gli antichi percorsi terrestri utilizzati anticamente dai mercanti del sale.

Non esisteva un’unica via del sale: in Italia i vari popoli avevano una la propria rete di sentieri e collegamenti per portare le merci richieste verso il mare e da lì recuperare il sale, allora prezioso per la produzione e conservazione di formaggi, insaccati, carne e pesce, ma anche delle olive. Il prezioso elemento era necessario in grande quantità anche per le attività artigianali come la concia e la tintura delle pelli. Il trasporto su terreni accidentati veniva effettuato a dorso di mulo, attraverso le strette e disagevoli mulattiere che si inerpicavano sui pendii e nelle valli e non permettevano il passaggio di carri. Dove possibile, nella pianura, si preferiva effettuare il trasporto per via fluviale per limitare i costi, mediante grandi chiatte che arrivavano a trasportare anche 60 tonnellate di sale per carico. Nel Vallese, per facilitare il trasporto del sale venne addirittura costruito un canale, il Canale Stockalper, nella valle del Rodano.

Oggi l’industria del freddo ha soppiantato i vecchi sistemi di conservazione degli alimenti col sale, pertanto le vie del sale hanno perso il loro valore commerciale e sono divenute meta di escursioni e trekking, snodandosi in ambienti integri e di particolare interesse naturalistico. Per comprendere l’importanza del sale nella nostra cultura, sono rimasti dei modi di dire nella lingua parlata come: “avere il sale in zucca” oppure “il sale della vita”.

In certi popoli, ancora poco evoluti continuano a scambiarsi il sale con le carovane; in Himalaya, specialmente in Tibet, si possono ancora incontrare capre che trasportano il sale in piccoli sacchetti legati sul dorso. Anche in Africa si può ancora oggi assistere alle carovane di dromedari che dal nord del deserto del Ténéré scendono verso il Sahel trasportando sale, ritornando poi verso casa carichi di merci e cibi, barattati negli affollati mercati Africani. A Salisburgo, in Austria è stato il sale a dare una parte del suo nome alla città. Ed è stato il sale che rese Salisburgo ricca e potente. Ai tempi dei principi arcivescovi ci fu la fioritura del commercio del sale: e così questo prezioso minerale venne anche chiamato l’oro bianco. Veniva ricavato dalle miniere sul Dürrnberg, nei pressi di Hallein. A soli pochi chilometri da Grödig si trova un labirinto di cunicoli che oggi può essere visitato come museo:,

Nella provincia di Trapani, ricchissima è la produzione del sale nelle saline di Marsala e Trapani; la via del sale si snoda in un percorso di 30 km circa lungo la SP 21, che unisce i due centri. Questo percorso permette di godere di suggestive viste sulle saline di Trapani e su quelle dello Stagnone. A Nubia, sorta in un ricco ambiente naturale salmastro, meta e dimora di circa 170 differenti specie di uccelli, come fenicotteri cicogne, gru, aironi di passaggio è stato istituito un Museo del Sale. Nelle saline, attraverso un canale vengono riempite le due vasche più esterne e più vaste, chiamate “fridde” per la temperatura dell’acqua ancora fredda. Il Mulino a vento Americano che si trova tra i due bacini, pompa l’acqua verso il “vasu cultivu”, ove essa incontra i residui della coltivazione precedente, che fungono da lievito. Il grado di salinità (misurato in Baumè) e, di pari passo, la temperatura dell’acqua aumentano con l’evaporazione. Da qui l’acqua passa alla “ruffiana” che ha, come suggerisce maliziosamente il nome, la funzione di intermediaria tra il “vasu” e le “caure”, dove l’acqua si scalda e raggiunge una salinità di 23° Baumè. Da qui viene convogliata nelle vasche “sintine”; qui l’elevata concentrazione salmastra e la temperatura più calda donano all’acqua un colore leggermente rosato. L’acqua, quindi, passa nelle vasche “salanti o caseddri”, ove si formano strati puri di sale (a 27-28° Baumè) pronti ad essere raccolti in due momenti, a metà luglio e a metà agosto circa. I mucchi di sale, disposti a forma di tetto a capanna nei piazzali appositi vengono lasciati all’aria ed alle piogge (per lavare via le impurità) e poi coperti di tegole per essere riparati dalle intemperie e dallo sporco.

Allo Stagnone si trovano le saline più spettacolari di Ettore e Infersa, dai nomi dei loro proprietari, mentre un mulino cinquecentesco rimesso a nuovo funziona per permettere, a chi non ne ha mai visto uno, di assaporare il fascino del lavoro di un tempo. Il mulino a stella o olandese è composto da un corpo a tronco di cono, da una cupola conica e da sei pale di forma trapezoidale con lo scheletro di legno, cui vengono applicate le vele in tessuto che si muovono al vento. All’interno, un complesso sistema di ruote dentate, alberi ed ancoraggi permette di orientare la cupola (e quindi le pale) nella direzione del vento e di sfruttare l’energia naturale per macinare il sale o collegando la così detta “spira di Archimede”, per convogliare l’acqua da una vasca ad un’altra. Le pale possono girare ad una velocità di 20 km orari e sviluppano una potenza di 120 cavalli (per azionare la macina, posta nei locali a pianterreno, sono necessari almeno 30/40 cavalli).

Vito Marino


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