Il Principato di Partanna con Guglielmo Graffeo

(di Antonio Varvaro Bruno: “Appunti per il 2° Volume di ‘Partanna nella storia, ecc.” riveduti e ordinati a cura di Nino Passalacqua)

Introduzione

(Dando alle stampe nel 1956 il 1° volume di “Partanna nella storia, nell’arte, nella fede, nel folclore”, il prof. Antonio Varvaro Bruno annunciava, tramite il prefatore, ing. Benedetto Mangiapane, l’imminente pubblicazione del 2° volume riferito al periodo storico compreso tra il 1627 ed il 1818, contrassegnato dal Principato. Purtroppo, l’ambizioso progetto non andò a buon fine e il prezioso patrimonio pazientemente raccolto restò sotto forma di appunti, più o meno organici, da cui talvolta l’autore ha tratto materiale per la redazione di pregevoli monografie. Crediamo di fare opera gradita portando alla luce il frutto degli studi dello storico partannese per antonomasia, previa sua revisione e riorganizzazione).

Alla vigilia del Principato

Due avvenimenti notevoli chiudono il primo periodo della storia di Partanna, prima che questa venga elevata al grado di Principato: la peste e l’inaugurazione della nuova Matrice (la terza in ordine di tempo). L’elevazione della “terra baronale” a “città principesca” (1627-1628) ne apre il secondo. Brevi cenni su ciò chiusero il primo volume; con altri particolari ora li riallacciamo all’inizio di questo volume secondo.

La peste

Si sa che la peste causò morti e lutti. Dovunque, altrove, fin nella vicina Castelvetrano, s’ebbero morti. (G.B. Ferrigno: “La peste in Castelvetrano nel 1624-1626”, Trani, 1905); Partanna, a differenza di quanto era avvenuto nel 1575, ne fu risparmiata. Fu per l’aria più pura o per l’igiene più curata? Peste e igiene richiamano un provvedimento che, ventilato fin dal 1596, venne attuato nel 1612 quando i Giurati Silvestre Palazzotto, Not. Giacomo Arena, Nicolantonio Cicirello e Ferdinando Grilletti, per lettera del Barone Guglielmo Graffeo (data in Palermo il 28 Ottobre 1611), curarono a portar l’acqua in Partanna “dal fonte vecchio a quello nuovo”, forse dalla vicina contrada Cialona ad una fontanella di Piazza Matrice e al Castello. L’opera venne eseguita dal “capomastro” Bernardo Corso e dagli operai Vincenzo e Bartolo Caracci, usando “catusi, lapidi, calce, olio, cottuni, cannavazzo e spago”. (Vol. I ms “Provenienza terre di Partanna” – Arch. Grifeo, Palermo).

La nuova Matrice

“Addì 20 Gennaio, VIII indiz. 1625, si fece l’entrata nella chiesa nuova, essendovi Arciprete Dr. Blasi Pisciotta, Vescovo Mons. M. La Cava, Barone Don Guglielmo Graffeo-Ventimiglia”. (Vol. 6°, Battesimi – Arch. Parr. Matrice Partanna, pag. 343). Il Tempio era ancora incompleto all’esterno (privo delle due loggette laterali) e disadorno all’interno, senza le pregiate opere d’arte che più tardi ne faranno un gioiello raro. Tuttavia il vago prospetto, l’euritmica mole, l’elegante struttura slanciata e sontuosa erano una realtà. La fabbrica rustica era durata mezzo secolo, dal 1575 al 1625. E ne occorrerà ancora altrettanto prima della definitiva consacrazione che avverrà nel 1675.

L’investitura del Principato

Il re di Spagna, Filippo IV, emanò il decreto del nuovo PRINCIPATO di PARTANNA il 10 Agosto 1627 dalla Regia Corte di Madrid. Dopo la trafila delle Regie Curie Civili di Messina e Palermo e della Curia Vescovile di Mazara, fu eseguito il 28 Maggio 1628. (Arch. di Stato – Palermo. R. Conservatoria. Vol. 314, Reg. 221). Nella primavera del 1628 così Partanna entrava nella storia insignita del titolo più nobile: il PRINCIPATO. Aveva già fatto passi di progresso nel mezzo millennio precedente: villaggio, Casale, Terra Baronale; or salta al massimo grado araldico. La nuova dignità si conferiva a D. Guglielmo Graffeo-Ventimiglia, 18° nella serie dei Baroni, 1° fra i nove Principi nostri fino al 1818. I Graffeo, che allora ingentilivano il lor cognome greco in Grifeo, già tenevano vari titoli di nobiltà a lor decoro: la parentela con i Ventimiglia; Duchi di Cimino (onde l’aumentato patrimonio avito, ridotto per vendite nel ‘500 e ‘600); le sostenute cariche in Palermo di Pretori, Maestri di Campo, Vicari Generali; l’ascrizione per antica nobiltà (discendendo da antichi Imperatori greci e in Sicilia da eroici guerrieri) fra le primarie famiglie del Regno. Tutto a loro conferiva risaltante, degna onorabilità.

Partanna città principesca

Dal nuovo status Partanna conseguiva pure il titolo di “CITTA’ PRINCIPESCA dei NOBILI GRAFFEO”. Ancor non si trova il documento autorizzante tale titolo, ma atti notarili, lettere, carte dei Giurati locali e d’altrove, ricevute, libri di Battesimi, Sponsali e Morti, tutti i documenti d’Autorità civile, giudiziaria, ecclesiale d’allora recano il nome “CIVITAS PARTANNAE” con l’antico stemma dei Baroni (il GRIFO, animale chimerico dal corpo di leone e becco ed ali d’aquila: il re dei quadrupedi e la regina dei volatili) adorno di CORONA PRINCIPESCA, distinta e più ricca di quelle dei gradi inferiori, col motto “NOLI ME TANGERE” (“non mi toccare”). Il più antico documento, fin’ora rinvenuto, in cui Partanna vien denominata “Città” è l’atto del Not. Giovanni Adriolo del 27 Luglio 1630. In un precedente atto del 6 Maggio 1630, ove i soci “Baiuli Pietro Pizzitula e Vito Mancuso ingabellano per 3 once tutti li giochi soliti farsi nella fiera di S. Vito, franca di 3 giorni”, lo stesso Adriolo la dice “Terra”; e pur l’atto suo del 18 Febbraio 1630, quando il Tesoriere Not. Giuseppe Margiotta “riceve once 2,20 pei muri rifatti dell’epoca del contagio (1624-1625)”, la dice “Terra”. Da ciò è facile evincersi che l’appellativo di “Città” a Partanna venne dato fra il Maggio e il Giugno del 1630.

Santa Maria di Gesù

Degni di nota in questo periodo sono due avvenimenti, ambedue legati alla chiesa di S. Maria di Gesù che sorse dove oggi la via Vernagalli sbocca nella via Selinunte e di cui avanza un picciol resto. La chiesa ebbe cinque altari con altrettante tele: Maria SS. della Visitazione al centro; ai lati l’Annunziata, S. Maria d’Odigitria, detta dal volgo d’Itria, (cioè della Via), S. Bartolomeo e le Anime Purganti. (Visita di Mons. M. La Cava del 1614 – Arch. Vesc. di Mazara, pag. 165). Ci fu prima la tela di S. Margherita, passata poi al Purgatorio. Al nostro secolo, per errore, fu creduta Matrice prima dell’attuale. Durò circa mezzo millennio; nel 1837 era ancora officiata. (Foglio in Archiv. della Matrice: “Elenco delle chiese al 7 Aprile 1837″). Le fu attigua la chiesa, pure antica, di S. Leonardo con festa il 6 Novembre fino al ‘600. E S. Maria indi n’assorbì le rendite. Dal “Rollo I delle scritture dei confrati di S. Maria di Gesù”(In Arch. Foran. della chiesa di S. Giuseppe – Partanna) si sa che dal 1589 ospitò la “Compagnia delle Anime del Purgatorio”, fondata dai Padri Cappuccini, prima ch’erigessero qui il loro Convento (1598-1605). L’Oratorio funzionò sino al tardo ‘700, quando la Compagnia del Purgatorio ne uscì per entrare nella vicina chiesa del Ss. Crocifisso, rifatta e ampliata. Da ciò l’ex seconda Matrice del SS. Salvatore, intitolata allora al SS. Crocifisso (e prima ancora, dal 1590 al 1624, a S.Vito, dopo estinto il convento agostiniano detto poi di S. Lucia), subì dal nome della Confraternita il nome di Purgatorio (Vedi “Rollo della Confraternita del Purgatorio” in Arch. Foran. Chiesa di S. Giuseppe, Partanna). Erano sorti dissidi tra le due Compagnie sulla manutenzione della chiesa e sale annesse, dovendo gravare essa per un terzo su quella del Purgatorio e per due terzi su quella di S. Maria. Il Vescovo tentò comporre la questione, ma invano. Forse anche per questo la chiesa di S. Maria immiserì sempre più sino a sparire.

Artisti forestieri a Partanna

Eran 150 i confrati di S. Maria di Gesù il 17 Aprile 1634, quando i Rettori Baldassare Cappadoro, Paolo La Lumia, Vincenzo De Vita, Gregorio D’Atria e Sebastiano Mendolia s’impegnarono, con atto in Not. Giacomo Arena, per decorare di stucchi la cappella maggiore della loro chiesa, a pagare once 120 (£ 1530) a M.ro Pietro Rosso il Bolognese. Mons. G. Di Marzo (in “I Gagini e la scultura in Sicilia nei secc. XV e XVI”, pagg. 523 e 722) riferisce che Gaspare D’Ariano, descrivendo l’arco trionfale di Palermo per l’entrata del Vicerè Enrico Gusman, Conte d’Olivares (1592), dice che vi costruì le quattro statue nei pilastri del primo ordine delle due facciate Pietro Rosso Bolognese, a cui nel lavorar di stucco è credenza non potere alcuno, né qui né altrove, anteporsi. L’artista dimorò a Partanna almeno dieci mesi: quattro a pigione in casa di M.ro Giuseppe Birillo, sei in casa di D. Giovanni Sala col letto in affitto da Agata La Rocca. Alla fine dei lavori, con altro atto del detto Notaro, i confrati pagano al Rosso “per spese d’alabastro, arena, calce, filo, ferro, chiodi e pannelli d’oro once 151”. Parte per mani del sac. Pietro Lumia, parte pervenute dalla “chiusa” (podere) della chiesa. Da tale spesa si deduce che detti stucchi furono rilevanti. Dal 17 Aprile 1635 poi un altro noto stuccatore, Antonino Ferraro da Giuliana, applicò agli stucchi sei pannelli d’oro, per 18 once. Questi era già stato a Partanna nel 1585 per collaudare la statua di S. Vito, scolpita dal chiusano Marco Lo Cascio (“Lexicon topograph.” – voce “Partanna”).

L’Oratorio di s. Filippo Neri

Afferma V.M. Amico che nel 1637 il nostro Sac. Giuseppe Russo nella chiesa di S. Maria di Gesù fondò l’Oratorio per i Sacerdoti, intitolato a S. Filippo Neri. Il Rollo VI della chiesa cita l’atto del Not. Giuseppe Vitale 14 Febbraio 1638 con cui cinque preti della Congregazione dell’Oratorio dei Riformati dell’Ordine Secolare di S. Pietro (Vito Polizzi, poi rettore del Seminario Vescovile di Mazara del Vallo dal 1642 al 1644, Pietro Lumia, Girolamo Marrone, Vincenzo Pisciotta e Cataldo Lo Rallo), un Diacono (Giuseppe Marsala) e un Chierico (Baldassare Cappadoro), s’accordano coi Rettori della Confraternita di S. Maria per essere accolti nell’Oratorio. Pagano 14 once l’uno annue più 4 once all’entrata. E’ concesso loro l’uso della chiesa nelle funzioni sacramentali e d’accendere due lampade giorno e notte a Gesù Eucaristia. Noi sappiamo che all’inizio fu fiorente e che vivacchiò ancora per i secoli XVII e XVIII.


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