La difesa della scuola pubblica sta alla base dell’ultimo libro dell’ispettore Vito Piazza. Benché sia “un giovane di settant’anni che è stato catturato dalla scuola a sei anni e restituito solo di recente alla vita civile”, la pensione non è riuscita a strappargli la forte passione che lo lega ancora, nonostante tutto, alla scuola che Piazza ha visto sempre più distrutta, in particolare nel recente passato, da pessimi ministri e da pedagogisti della stessa natura, contro i quali il nostro ispettore scaglia la sua sferzante ironia: “Si può fare scuola senza sapere se il bambino è libertà che si fa autorità?”; oppure riferendosi al gentiliano “il fatto è fatto in quanto è atto”, Piazza ironizza pesantemente: “Un’affermazione chiara, lampante che solo insegnanti asini ruminano la notte svegliandosi con gli incubi”. Lo stesso spirito polemico-critico si manifesta nelle veloci e brevi note sulla storia della pedagogia, dai Sofisti alla buona scuola di oggi, presenti nel libro. Brevi note di storia della pedagogia, scritte, però, nello stile di Piazza: parlando, ad esempio, di Stoicismo (“L’educazione deve avere come fine ultimo lo sviluppo di una sorta di auto-dominio ragionevole che deve servire per orientare la condotta”), Piazza ribadisce: “Ma non si pensi che la Gelmini sia una stoica perché ha incluso il voto di condotta nella valutazione complessiva. E’ una mossa sbagliata: così facendo, la valutazione subisce una contaminazione tra elementi conoscitivi ed elementi comportamentali”. E si continua così per 217 pagine. Auguriamo buona lettura natalizia soprattutto ai docenti (a.b.).