I cani che “governano” e i nostri difetti

di Vito Piazza

I partannesi non amano gli animali. E questo fa parte di una tradizione antica. Si raccontano diversi episodi. Uno di questi riguarda la storia di un asino che veniva preso a bastonate dal padrone perché non ce la faceva a sopportare un ulteriore carico che il padrone – testardo come un mulo – voleva caricare a “sette mazza”. All’ottavo la povera bestia non ce la fece più… e qui casca l’asino. (Siamo stati noi a inventare questo modo di dire?). Altro episodio riguarda un professore ben consapevole dei propri limiti intellettuali. L’asino non ne voleva sapere di entrare nella stalla. Al che il professore-contadino (quanti a Partanna!) lo prese in braccio e sollevatolo con tutta la sua forza lo depose nella stalla. Si racconta che esclamasse: “Pi testa vinci tu, ma pi forza vinciu je”. Non è nato invece da noi quel racconto dei due fidanzati che in un’atmosfera bucolica passeggiavano per le campagne. Arrivati in uno spazio erboso la fidanzata fu attratta da un asino visibilmente eccitato. Al che la candida ragazza si rivolse al fidanzato: Ma che è quello? E il fidanzato con nonchalance rispose: Cosa vuoi che sia? E’ un asino. E la ragazza il cui sguardo non proprio su tutto l’asino si era fermato ma solo nelle parti, come dire?, più intime e più gonfie, lo guardò estasiata: “E allora tu che sei ragioniere….” No. Non di asini vogliamo parlare, ma di cani. E l’incipit scherzoso non tragga in inganno. A Partanna i cani non si distinguono per razze del tipo fox terrier, mastino, doberman, cirneco…no. Qui si distinguono in cani da bancata che sono quelli che aspettano l’osso che il macellaio di tanto in tanto getta e costituiscono un ottimo esempio per i cristiani che vanno dietro ai partiti politici e agli onorevoli, in cani da caccia, in solitari (“chissu è sulu comu un cani”), in cani di mànnara, in cani da guardia che non guardano nessuno e in cani di altro tipo che gli anziani conoscono meglio di chi scrive. Ma tutti hanno un elemento comune: sono cani randagi. E sono anche soli. Spesso, specie se in branco, prepotenti, e tutti chiamano “patri a cu ci duna pani” (anche qui il nostro modo di dire tradisce una tradizione di servilismo che molti partannesi hanno eletto come filosofia di vita. Ogni tanto – ed è cronaca recente – qualche cane sbrana un uomo o un bambino. E avviene in territori vicino al nostro. Ci fu un tempo – il tempo delle baracche – in cui chi scrive viveva in baracca e aveva paura di “ritirarsi” perché molti cani lo assalivano. Andò dall’Assessore allora competente, signor Mangiaracina (corte di re Enzo) per richiedere un proprio diritto sancito dalla Costituzione all’art. 21 che stabilisce – tra l’altro – la libera circolazione su TUTTO il suolo italiano. Il Mangiaracina rispose: “Sa, Partanna è un paese agricolo”. Alle mie rimostranze disse che avrebbe provveduto a dotare le guardie di pallottole ipnotiche. La presa in giro era chiara e diretta ad uno che era milanese e come tale cretino.  Oggi le cose sono peggiorate. Nessuno può fare footing o una semplice passeggiata, nessun bambino può avventurarsi da solo in campagna o nelle periferie di Partanna. C’è il rischio di venire sbranati. E forse allora, quando ci scapperà il morto il popolo partannese capirà che agricolo non fa rima con incivile. E capirà che bisogna lottare contro l’abitudine di governare i partannesi come sudditi e non come cittadini. Si tratta di una colpa grave: si chiama omissione di atti di ufficio. Ma qui vige il codice penale? No, vige il governo delle tre F: farina, football, forca. Attendiamo speranzosi lo spreco della vicina estate. I cani? Governano. La Fanno da padrone. E gli amministratori? E I RESPONSABILI? Ma sì, stanno preparando le pallottole ipnotiche. Fatte di parole.


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