I marciapiedi francesi a Castelvetrano

I piccoli fatterelli di cronaca locale, che apparentemente sembrano insignificanti, e vengono sottovalutati, sono in realtà il primo mattone della storia nazionale. Il sig. Michelino Giacalone, di cui ho già parlato nel mio precedente articolo sulla chiesa dell’Immacolata di Castelvetrano, mi ha raccontato, con tutti i particolari, così come facevano le nostre nonne nel raccontare “li cuntura” ai nipotini, la storia dei meravigliosi marciapiedi castelvetranesi di marmo massiccio, forse unici di questo genere, che hanno i bordi con una sporgenza bombata verso la strada e posti sulla base dello stesso marmo, a forma di cunetta, per lo scolo delle acque verso la fognatura; questi blocchi hanno anche la caratteristica di incastrarsi l’uno con l’altro ed avere una maggiore staticità. Generalmente le cose belle e buone non sono mai ben apprezzate da chi li possiede; Castelvetrano aveva in tutto il Sistema delle Piazze questo genere di marciapiedi, ma i nostri benpensanti amministratori li hanno tolti, come pure hanno rialzato tutto il piano calpestabile delle stesse piazze, sotterrando uno scalino della chiesa madre, facendo perdere la caratteristica di scalinata, ma questo è un altro argomento sul quale a suo tempo si sono registrate tante critiche. Questi marciapiedi tolti furono allora portati in un terreno comunale in contrada Airone. Non si sa che fine abbiano fatto. A quanto mi riferisce il sig. Giacalone, questi marciapiedi tolti e quelli ancora esistenti nelle vie V. Emanuele, Piazza Matteotti, Piazza Nino Bixio, Via Milazzo, P.le Regina Margherita, Piazza Umberto I, Via Crispi, furono acquistati con i suoi soldi da un suo antenato architetto Giovanni Giacalone. Allora costui era assessore ai lavori pubblici del Comune di Castelvetrano, durante la sindacatura di Benedetto Atria, intorno al 1870. Essendo uno spadaccino professionista, Giovanni Giacalone partecipava alle gare e ai convegni internazionali all’estero, assieme a Marco Rossano, un altro grande spadaccino castelvetranese di cui ho parlato nel mio articolo sul cinema Marconi, pubblicato su Castelvetranonews, circa un mese fa. Visto che sono in argomento, cito un altro spadaccino, maestro d’armi: il castelvetranese Maggiore Gaspare Centonze, inventore di una “botta segreta”; egli aveva imparato i primi elementi di scherma dal maestro Marco Rossano già citato. In uno di questi viaggi, nel 1867, Giovanni Giacalone, trovandosi in Francia, notò per le strade urbane questi meravigliosi marciapiedi e, in qualità di architetto, prese degli appunti, misure e disegni particolareggiati della forma. Fu un periodo in cui si stavano costruendo i marciapiedi delle strade e piazze sopra descritte del centro storico di Castelvetrano e mancavano ancora le bordure. Giovanni Giacalone si recò a Palermo, dove c’era una fabbrica di marmo, e ordinò, a nome del comune i blocchi di marmo descritti. Quando avvenne la consegna, il Comune non poté effettuare il pagamento, perché non era stata rispettata la via burocratica, che consisteva nel chiedere l’approvazione della delibera comunale alla provincia di Trapani. Purtroppo non fu possibile sistemare la pratica e la ditta fornitrice chiese i soldi alla persona dell’assessore Giacalone, che aveva firmato la richiesta. Giacalone, secondo la legge e il codice d’onore di allora, si era deciso a pagare, ma siccome la cifra era considerevole, si rivolse ad un suo amico, principe Giardinelli di Palermo, per fare fronte al pagamento; come garanzia il Giacalone dovette ipotecare cinque “sarme” e mezzo (circa 20 ettari) di terreno agricolo che possedeva in contrada Canalotto (dove oggi c’è il pozzo che fornisce acqua alla città di Trapani) per far fronte al pagamento e onorare la sua firma.

Un altro caso simile è avvenuto sotto la sindacatura di Simanella, che io ho già trattato in un mio articolo scritto alcuni anni addietro sul periodico locale Agave. Siccome il sindaco Simanella si era impegnato a sistemare la Via F. Orsini e non si trovarono i finanziamenti necessari, questi ha venduto un suo terreno agricolo posto in contrada Canalotto e ha completato l’opera. Erano altri tempi, quando anche la semplice promessa verbale, una stretta di mano e l’aggiunta della “parola d’onore” a sigillare l’accordo, aveva più valore di un atto pubblico.

   Vito Marino


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