PARTANNA – Alla partannese Maria Grazia Alia è stata conferita, per la sua opera Il diario, la segnalazione di merito per la sezione Narrativa breve della XXV Edizione del Premio Nazionale Letteratura d’Amore. La cerimonia di premiazione si è tenuta sabato 17 febbraio a Torino.
Alla premiata sono state assegnate la Targa del Centro Studi Cultura e Società, la Vetrinetta con presentazione personalizzata in cornice del diploma e dell’incipit del racconto e la pubblicazione dell’opera nell’Antologia del Premio.
Qui di seguito il testo dell’opera premiata
IL DIARIO
Ognuno di noi porta nel cuore immagini di stagioni vissute e il ricordo ne perpetua l’esistenza, perché, se il tempo è vita, la vita dimora nella memoria. Ormai Delia, guardando dall’ampia vetrata della sua cucina, aveva visto alternarsi molte stagioni. Era nuovamente primavera. Le rondini con il loro garrito erano tornate a solcare il cielo terso del mattino e sull’albero di gelso candidi fiori impalpabili erano presagio di rinnovata magia. Nelle aiuole le primule erano tornate a sbocciare e anche il glicine, con i suoi racemi di fiori azzurro-violacei intensamente profumati, era in pieno splendore. “Candido, marito mio, tu amavi molto la primavera”, disse Delia prendendo tra le mani una vecchia foto che li ritraeva insieme e da giovani in un momento felice. Lei minuta, capelli lunghi e neri come l’ebano, sguardo intenso e un sorriso radioso che scalda il cuore. Lui alto, vigoroso, volto dai tratti gentili, mani forti che delicatamente stringono quelle di lei e negli occhi una gran voglia di vivere appieno quel tempo gioioso che si nutre di sogni. Erano belli, giovani e profondamente innamorati. Si erano conosciuti proprio in primavera e dopo poche settimane Candido le dichiarò il suo amore. La foto che Delia guardava con tanta tenerezza immortalava per l’appunto quel momento: loro due insieme, in una festa di paese, in un complice incrocio di mani e di sguardi, con il tempo che sembrava fermarsi mentre intorno a loro frenetica scorreva la vita. Quella sera Candido le regalò un diario dalle pagine colorate. Sulla prima pagina scrisse : “A te mia cara, che tu possa riempire queste pagine così come riempirai la mia vita. Che la tua vita a venire non conosca giorni bui, ma solo colori, bellezza, sogni!”. Da quella sera Delia non smise di scrivere; scrisse del loro giovane amore, dei loro studi, dei loro amici, della laurea di entrambi, della cattedra di Filosofia per lui e di Lettere per lei, della proposta di matrimonio, della loro prima casa presa in affitto, dei preparativi per il giorno del “sì”, del suo abito bianco in pizzo francese, del suo bouquet di rose bianche e astromelie, di quel giorno tanto atteso in cui le loro esistenze si unirono per sempre. Quotidianamente annotò su quelle pagine colorate sentimenti, emozioni, impressioni, sensazioni, sogni. Solo per qualche mese smise di scrivere… dopo aver saputo che non avrebbero potuto avere la gioia di un figlio. Fu un duro colpo per entrambi, ma , forti di un amore indelebile e profondo, continuarono il loro cammino più uniti che mai. L’insegnamento per Delia e Candido era una vera missione; l’interessamento per gli studenti andava al di là del dovere professionale. Erano insegnanti preparati, disponibili, intraprendenti. La malattia di Candido si manifestò subito dopo che i due coniugi andarono in pensione. Una calda mattina d’estate, Candido si allontanò dallo loro villetta per fare una breve passeggiata e non fece più ritorno. Delia si preoccupò molto e andò a cercarlo. Lo trovò seduto a terra, frastornato, paonazzo in viso e che farfugliava frasi senza senso. Candido non era più riuscito a trovare la strada del ritorno. Quella sera Delia scrisse sul diario pagine di sgomento per l’accaduto, parole di incertezza e di paura; da quel momento non scrisse più. L’Alzheimer era entrata prorompente nella loro vita. La malattia in pochi mesi andò incontro ad un progressivo peggioramento. Candido non era più lui … spento lo sguardo e triste il cuore. Avida come una ladra la malattia gli stava rubando i ricordi, i colori di un’intera esistenza che stava precipitando in un baratro di oscurità. I medici che consultarono dissero che le cure erano insoddisfacenti e che per rallentare la perdita delle capacità intellettive e della memoria occorreva stimolare costantemente il paziente. Allora Delia pensò al diario. Leggere e rileggere ad alta voce quel diario poteva aiutare il marito a non annullare il suo passato. Amorevolmente si prese cura di lui e tra le tante faccende da fare trovò sempre il tempo per leggere il diario.”Ti ricordi di quando dal paese ci siamo trasferiti qui in campagna? E che quel glicine l’hai piantato tu? Eh, Candido, ricordi?”, gli chiedeva con dolcezza. “Non ti preoccupare, ora leggerò proprio quelle pagine e vedrai che ricorderai”. Mentre scorreva le pagine del suo diario leggendo ad alta voce anche lei riscopriva particolari che aveva dimenticato, sfumature del loro passato che ora ritornavano nitide. Candido la stava ad ascoltare in silenzio, sereno, accennando talvolta un sorriso. Sovente Delia lo prendeva per mano e lo conduceva a fare una passeggiata. In lontananza si vedeva il mare. Quanti bei tramonti avevano ammirato da quel viale alberato, ma ben presto Candido non si entusiasmò più a quella vista. Passarono gli anni, anni difficili e colmi di dolore. Una notte la morte lo colse nel sonno. Candido se ne andò per sempre insieme a quel poco che gli restava dei ricordi di una vita. Ecco, la stagione delle promesse era tornata. La sulla ancora una volta tappezzava di rosso il verde prato. Delia prese la foto, la baciò e la mise tra le pagine del suo diario, che strinse a sé con tenerezza. Il diario era tutto ciò che a Delia restava di una lunga vita fatta di amore e condivisione, tutto ciò che di più caro le restava di suo marito. Le cose materiali non contavano; lì fra quelle pagine c’era il tempo vissuto, c’era la vita . Delia ripose il diario in un cassetto, poi uscì da casa, guardò il cielo azzurro e disse: “E’ il regalo più bello che avresti potuto farmi”.