CATANIA – Alle ore 12 di oggi (30 settembre) è salpata da Catania Marenostrum Dike, la motovela della legalità. Era l’imbarcazione usata dagli scafisti per trasportare i migranti. Adesso sarà la barca della cultura della legalità. Quando la Guardia Costiera l’ha intercettata c’erano condizioni disumane. La Procura della Repubblica di Ragusa ha dato in custodia definitiva, ad Archeoclub D’Italia, l’imbarcazione confiscata ai criminali che per anni hanno disseminato sofferenza con un vero traffico umano, di persone, un traffico di morte. “Faremo conoscere ai giovani l’archeologia marina. E il fatto che tutto parta dalla terra del padre dell’archeologia marina, Sebastiano Tusa, mi emoziona. Questa motovela, ora, invece sarà la motovela della cultura, della legalità, della narrazione del bello, del patrimonio marino, ambientale, archeologico, storico – ha evidenziato Rosario Santanastasio, Presidente Nazionale Archeoclub D’Italia sede di Napoli) – La motovela girerà il Mediterraneo, dunque non solo i quasi 8000 km di costa d’Italia. Stiamo organizzando un calendario di tappe nelle varie città ma anche nei piccoli borghi. Saliranno sulla motovela le scuole, i ragazzi a rischio di devianza e criminalità, ma stiamo valutando anche progetti per dare la possibilità agli stessi figli di migranti di conoscere il nostro patrimonio culturale. Saliranno anche magistrati, forze dell’Ordine, parleremo di legalità e ospiteremo anche conferenze dedicate a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino. Domani saremo a Marina di Camerota per uno scalo tecnico, poi arriveremo a Napoli”.
Adesso la motovela sarà per sempre Marenostrum Dike per solcare mari e portare luce e cultura. Lo farà Archeoclub D’Italia con tutte le sedi. Ci crede l’istituzione Regione Sicilia. “Saremo lungo le coste del nostro Paese, sosterremo questa iniziativa per promuovere l’inclusione e la ricerca, mi farò portavoce nelle sedi istituzionali per facilitare questo processo di rigenerazione – ha ribadito il Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gaetano Galvagno -. la Sicilia ha il dovere, per la sua storia e la sua posizione geografica, di essere protagonista di questo progetto culturale, anche in onore a Sebastiano Tusa che ha dato tanto alla Sicilia e all’archeologa marina”