All’Ucciardone di Palermo trovato morto sul muro di cinta agente del corpo di polizia penitenziaria

PALERMO – “E’ una notizia che sconvolge tutti noi. L’uomo è stato trovato senza vita sul muro di cinta, dove era di servizio, in una pozza di sangue, ferito all’addome. Si disconoscono le motivazioni del gesto estremo al momento”, dichiara, scosso e amareggiato, Donato Capece, segretario generale del SAPPE, che ricorda come quello dei poliziotti penitenziari suicidi è un dramma che va avanti da troppo tempo senza segnali concreti di attenzione da parte del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Il leader del SAPPE, premesso che allo stato sono in corso accertamenti sulle ragioni del tragico gesto, rileva che “i poliziotti penitenziari sono lasciati abbandonati a loro stessi, mentre invece avrebbero bisogno evidentemente di uno strumento di aiuto e di sostegno. Il fenomeno dei suicidi è in crescita in tutti i corpi di polizia, ma tra noi di più. Dietro ogni morte c’è un mix di fattori, ma c’entra di sicuro lo stress correlato. La vita dentro gli istituti è diventata infernale per noi come per i detenuti. Manca il personale, i turni sono massacranti. Le liti e le aggressioni, continue. E così c’è la fuga. Molti colleghi, appena possono, vanno via; pochissimi aspettano di maturare il massimo della pensione. I giovani sperano di passare subito in altri corpi di polizia. C’è una demotivazione generale”.

“Servono soluzioni concrete per il contrasto del disagio lavorativo del Personale di Polizia Penitenziaria. Come anche hanno evidenziato autorevoli esperti del settore, è necessario strutturare quanto prima un’apposita direzione medica della Polizia Penitenziaria, composta da medici e da psicologi impegnati a tutelare e promuovere la salute di tutti i dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria”, conclude Capece. “il carcere è un mondo duro, difficile, complesso. Siamo la discarica della società. Le celle sono piene di delinquenti, ma anche di psichiatrici, tossicomani, problematici. E tutto finisce addosso all’agente penitenziario. Alla lunga il lavoro ti divora”. Qui servono azioni concrete sui temi dello stress psico-fisico degli appartenenti al Corpo, che non possono ridursi a mere linee guida diramate con lettere ministeriali!”.


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