AGRIGENTO – “Troviamo di una inaudita gravità le parole dette dal Magistrato di Sorveglianza di Agrigento, Walter Carlisi, nel corso del dibattito dal titolo “Carcere. Non solo privazione della libertà“, avvenuto a Canicattì sabato 26 novembre 2022 alle ore 16:50, organizzato da Camera Penale di Agrigento e Nessuno tocchi Caino – Spes contra Spem. Il magistrato, in un consesso in cui per altro non vi era alcun appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria o all’Amministrazione Penitenziaria che avrebbe potuto replicare e che è stato registrato e diffuso su Radio Radicale, parlando di carcere, ha sostanzialmente detto che a volte chi rappresenta lo Stato in carcere, ovvero le donne e gli uomini appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, dimentica la sua funzione istituzionale per identificarsi in una ‘cosca di parte’, delinquenziale e criminale, ‘una cosca di camorristi’ vestiti di blu, dal colore della tuta operativa di servizio del Corpo. Queste parole appaiono inaccettabili gli appartenenti al Corpo! Walter Carlisi, per quel che ha detto e nel luogo in cui l’ha detto, non può più essere considerato figura di garanzia e di terzietà e credo che il Ministro della Giustizia Carlo Nordio gliene dovrebbe chiedere conto. Il SAPPE (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) ha già dato mandato allo Studio legale di predisporre ogni utile intervento ed iniziativa a tutela dell’onorabilità di chi in carcere lavora in prima linea, ovvero le donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria”.
E’ il commento di Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, alle dichiarazioni rilasciate dal magistrato di sorveglianza di Agrigento.
Il leader del primo Sindacato del Corpo di Polizia Penitenziaria ricorda che “è grave che il magistrato di sorveglianza di Agrigento Walter Carlisi non abbia detto nel suo intervento una parola sulla degenerazione penitenziaria causata dalla vigilanza dinamica e dal regime aperto a tutti i detenuti, indiscriminatamente, che ha favorito l’esplosione degli eventi critici nelle carceri. Fa riferimento alla generica ‘comunità penitenziaria’, affollata da Garanti et similia che conoscono il carcere solo dalle parole dei detenuti, ed evidentemente dimentica che lui dovrebbe essere parte terza di garanzia dello Stato proprio nel complesso sistema dell’esecuzione della pena. Ha prove tangibili di quel che dice sulla presunta ‘una cosca di camorristi’ vestiti di blu? E perché non ha mai denunciato qualcosa o qualcuno? Porti rispetto agli appartenenti alla Polizia Penitenziaria, Corpo di Polizia a cui appartengono donne e uomini che pressoché quotidianamente hanno a che fare con detenuti che mettono a repentaglio l’ordine e la sicurezza della sezione detentiva, che si confrontano con detenuti con in mano una o più lamette intrise di sangue, o con una padella piena di olio bollente tra le mani pronta per essere buttata in faccia all’operatore, o con un piede di tavolino in mano pronto ad essere scagliato contro un poliziotto. Dovrebbe sentire anche lui, sul suo viso, i pugni, le sberle, gli sputi che prendono i nostri Agenti in servizio dai detenuti più violenti. E allora ci si aspetta altro da chi è Magistrato di Sorveglianza, che non quelle parole gravi, infamanti e violente, per altro dette senza contradditorio alcuno!”.