AMBIENTALISMO CARTA COSTITUZIONALE E MEGALOMANIA

Che sbadati i nostri Padri Costituenti! Tutti presi da problemi effimeri (il lavoro, la solidarietà, il bene comune, la difesa della dignità umana e via di questo passo), hanno dimenticato di inserire nella Carta Costituzionale la salvaguardia dell’ambiente. Ma meno male che un Parlamento c’è (il più rappresentativo dal dopoguerra ad oggi!), e  ha provveduto a porre rimedio a tale defaillance. A discolpa degli autori di una tale dimenticanza, per la verità, può essere addotta la giustificazione che quei nostri Padri erano stati obbligati ad imparare bene la lingua italiana per cui si piccavano di pesare e dosare col bilancino le parole adottate per esprimere un concetto. Poveri illusi: credevano di rivolgersi a gente esperta nelle “lettere” ed invece si ritrovano a far fronte a gente esperta in … “cartoline” (il doppio senso è evidente?), gente che scambia forse il “paesaggio” per una veduta panoramica da cartolina illustrata. Ma, dico io, a nessuno degli odierni soloni è venuto in mente che la lapidaria espressione “tutela del paesaggio” (art. 9, comma 2 della Costituzione), volesse significare “rispetto dell’ambiente con interventi di sensibilizzazione, prevenzione e valorizzazione”? Signori soloni, l’idea di “paesaggio” nota ai Costituenti era quella coniata da Benedetto Croce, che lo identificava con “la rappresentazione materiale e visibile della nostra terra, coi suoi caratteri fisici”; o più semplicemente era quella espressa dai Dizionari della lingua italiana, che definiscono il “paesaggio” come “ambiente naturale”.  E così, infatti, la Corte Costituzionale ha interpretato quella espressione, definendo il “paesaggio” come “habitat naturale nel quale l’uomo vive e agisce”; e in tale prospettiva l’hanno perorato Aldo Moro e Concetto Marchesi nell’Assemblea Costituente. Ma, direte voi, che ne sanno gli odierni soloni di Benedetto Croce, di Dizionari, di Aldo Moro o di Concetto Marchesi? Ai loro occhi, ciò che conta è intestarsi una modifica della Carta Costituzionale per restare nelle cronache parlamentari; credendo, da nani, di porsi magari sulle spalle di quei Giganti, alla stregua della mosca della favola che, posata sul corno del bove, diceva: stiamo tirando l’aratro!         


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