Lo scandalo sanitario di questo mese è puntualmente arrivato e certamente noi non esitiamo a dire la nostra, più che altro per fare un po’ di chiarezza in una giungla in cui, non per la prima volta, spesso suscitano più dubbi gli intervistatori che gli intervistati. Ho tristemente notato infatti che i giornalisti che rivolgevano domande ora ai medici, ora al garante dell’Antitrust, ora all’Agenzia nazionale del Farmaco, in molti casi non sono riusciti a cogliere il tema del discorso, generando disinformazione e soprattutto qualunquismo. Un esempio? Si è detto che a rimetterci è come al solito il povero anziano, malato di maculopatia, che non ha accesso alle cure e che ha dovuto curarsi pagando una fiala di farmaco poco meno di mille euro. Una domanda: ma da quando in qua è il paziente a pagarsi le cure in Italia per una patologia grave e debilitante? Improbabile e fuorviante, visto che il nostro SSN dà accesso a qualsiasi tipo di cura regolarmente in commercio. Provo a spiegare brevemente la questione: la maculopatia senile è una patologia della retina che colpisce prevalentemente la popolazione con età media superiore ai 60, caratterizzata da una progressiva perdita della visione al centro del campo visivo (immaginate quanto possa essere odiosa ed invalidante!), causata da una eccessiva formazione di nuovi vasi sanguigni nella retina. Fino a qualche anno fa era praticamente incurabile, ed il paziente che vi andava incontro era destinato ad avere un “buco” centrale nel proprio campo visivo che si andava progressivamente allargando fino alla cecità. Un paio di anni fa l’azienda farmaceutica Novartis ha immesso in commercio nel mondo occidentale il farmaco Lucentis® che con un meccanismo d’azione rivoluzionario andava a contrastare il progredire della patologia inibendo l’eccessiva vascolarizzazione della retina. Contemporaneamente ed in maniera indipendente dalle patologie oculari, è già in commercio da circa un decennio un farmaco della Roche contro alcuni tipi di tumori, Avastin®, che agisce con un meccanismo d’azione molto simile al primo appena descritto, ossia l’inibizione della formazione di nuovi vasi sanguigni che in pratica è un ottimo modo per inibire lo sviluppo di alcuni tumori, che nella loro crescita spropositata hanno bisogno della formazione di nuovi vasi sanguigni (neovascolarizzazione) per riuscire a portare ossigeno alla nuova massa cellulare in via di formazione (tumore). Dunque l’ Avastin® è un antitumorale in quanto interrompendo la neovascolarizzazione inibisce la crescita tumorale. È chiaro a tutti adesso cosa abbiano in comune questi due farmaci, non hanno però in comune l’indicazione terapeutica. Dopo l’uscita in commercio di Lucentis, notando un meccanismo d’azione pressochè identico (pur trattandosi di princivi attivi completamente diversi tra loro, altro errore che spesso è stato fatto dai giornalisti che parlavano di prodotti identici) alcuni oculisti hanno prodotto studi clinici che mettevano a confronto questi due farmaci nella cura della maculopatia, notando dei risultati sovrapponibili: entrambi i farmaci si è infatti visto, erano egualmente efficaci. Da lì in poi è nato un incredibile imbarazzo da parte di tutti: dell’AIFA perché andava incontro a continue richieste di autorizzazioni off-label (al di fuori delle proprie indicazioni terapeutiche) da parte degli oculisti per Avastin, non avendo però sufficienti dati sulla sicurezza di utilizzo per la maculopatia senile (cavallo di battaglia degli avvocati delle multinazionali), delle due case farmaceutiche, soprattutto di Novartis perché in tal modo non avrebbe potuto più vendere il suo Lucentis per la maculopatia andando a perdere il milioni di euro per la ricerca, del paziente che in alcune regioni veniva trattato da serie A usufruendo del Lucentis indicato per la sua patologia ed in altre regioni, quelle più povere, da serie B essendo curato con Avastin che era sì efficace, ma non veniva usato in sicurezza ossia seguendo il proprio foglietto illustrativo. Cosa è nato da tutto ciò? AIFA nella persona del suo direttore generale dr. Pani ad un certo punto non ha più autorizzato l’utilizzo off-label di Avastin (perché? Evidentemente è stato “convinto” da Novartis che vedeva perdere fatturato non vendendo più Lucentis), ciò ha portato alla rivolta degli oculisti che ormai utilizzavano abitualmente Avastin per la maculopatia essendo molto soddisfatti della sua efficacia incontrovertibile, che hanno sporto denuncia all’Antitrust. Il resto è storia d’oggi, sappiamo tutti come sia finita: multa salatissima alle due case farmaceutiche che comunque avranno ottime motivazioni per difendersi nell’annunciato ricorso al TAR. Tra le tante possono chiedere perché autorizzare l’utilizzo di un farmaco off-label per una patologia se esiste già la cura per quella patologia. L’unico passaggio oscuro è semmai perché l’Aifa sotto un direttore generale (dr. Guido Rasi) autorizzava l’utilizzo off-label, sotto il suo successore (dr. Pani) ha tolto l’autorizzazione?
Fabrizio Barone