“Dedicato alla mia amica e sorella Anna Maria che a breve diventerà mamma”
La maternità è per la donna un passaggio di vita, una fase evolutiva di trasformazione. L’evento-nascita irrompe nella vita della donna con due tipi di cambiamento:
• un cambiamento oggettivo della vita quotidiana caratterizzato da un aumento improvviso ed elevato di compiti e responsabilità, non confrontabili con esperienze precedenti;
• una modifica soggettiva dei processi cognitivi e emozionali che riguardano la percezione del sé (Reale, 2004).
La gravidanza deve essere considerata come un periodo di crescita e di relazioni che avvengono tra una donna in attesa, il nascituro e tutto il contesto relazionale (incluso il padre) che concorre alla formazione della genitorialità. È’ possibile parlare di due importanti compiti adattivi in relazione a due stadi della gravidanza: il primo si riferisce all’accettazione dell’embrione prima e del feto successivamente, come parte integrante del sé. Si ha un’esperienza psicologica di fusione col feto dai primi mesi della gravidanza fino alla percezione dei movimenti fetali; tale evento si impone alla donna mettendola di fronte all’evidenza di un bambino dentro di sé, che però diviene sempre più un essere autonomo. Da questo momento la donna si confronta con il secondo compito adattivo, che è quello di riorganizzare le proprie relazioni oggettuali e prepararsi all’evento della nascita-separazione del bambino dentro di lei. L’inizio della gravidanza viene chiamato “inattività vigile”. In questo periodo la donna si occupa di raggiungere uno stato di benessere. Con il progredire della gravidanza la donna deve accettare il feto come una parte di sé. Il secondo stadio della gravidanza è quello relativo alla percezione e individuazione del feto nella mente della madre e alla differenziazione del nascituro dal sé. Il corpo che muta e, di conseguenza, anche il proprio ruolo provoca spesso una marcata instabilità emotiva. È questo il periodo in cui l’emotività e l’inconscio prendono il sopravvento, dando luogo a una sorta di “malessere fisiologico” che precede l’acquisizione di un nuovo equilibrio. È’ contemporaneamente una “fase evolutiva” e una “crisi mutativa” che impone una riorganizzazione delle esperienze precedenti. Durante i primi mesi di gravidanza la donna deve mettere in relazione le fantasie con la realtà del feto che cresce in lei: in principio nasce il desiderio di avere un bambino, desiderio che poi si concretizza e che deve fare i conti con la realtà. Un altro aspetto rilevante che la maternità impone è quello di un adeguamento della propria identità nel passaggio dal ruolo di figlia a quello di genitore. Questo processo, che inizia con la gravidanza e prosegue con la maternità, necessita di un riassestamento di tutte le componenti psichiche che si sono sviluppate durante le esperienze precedenti e che hanno caratterizzato la storia della donna. Per questo motivo la gravidanza viene definita come un “momento di crisi e confusione” perché la donna si trova a dover affrontare continui aggiustamenti che coinvolgono l’intera personalità, al fine di potersi spogliare dal ruolo di figlia, finora rivestito, e costruire una nuova immagine di sé, attraverso nuove identificazioni con un’altra donna che fino a quel momento ha rivestito per lei quel ruolo, ossia sua madre: deve, dunque, creare un’immagine stabile di sé come madre a sua volta, e, tale immagine, prevede la capacità di creare uno spazio interno per il bambino e per la relazione con lui. Divenire madre comporta innanzitutto confrontarsi emotivamente con la propria madre, a volte ponendosi nei suoi confronti in competizione per arrivare a prenderne il posto. La maternità porta la donna, a questo punto, a rivestire contemporaneamente due ruoli: quello di figlia di sua madre e quello di madre di suo figlio. Ciò può suscitare angosce di perdita, o sentimenti di colpa connessi al desiderio di sostituirsi alla propria madre spodestandola: tutto ciò deriva dalla capacità della donna di svincolarsi da quella che è la sua famiglia d’origine e creare, attraverso un processo di individuazione quello che è il proprio Io che, fondendosi con l’Io del partner, a patto che anch’egli abbia con successo concluso la fase di svincolo dalla propria famiglia, va a dare vita al noi. Nel momento in cui la nuova diade decide di passare da coppia a famiglia (con l’arrivo del bambino), la fase di individuazione riveste un ruolo importante per la presa in carico del ruolo genitoriale. E’ importante sottolineare che Madre non si nasce, si diventa. Così, durante la gravidanza, la futura mamma si accinge a diventare una “buona mamma”, relativamente adeguata e competente. La gravidanza è la “storia di due corpi: un corpo contenente visibile ed un corpo invisibile in esso contenuto”, rimette la donna a confronto con la propria capacità di percepirsi come un contenitore solido e in grado di accogliere il bambino al suo interno. Essere madre è veramente una missione, ogni giorno e per sempre e tu amica mia sarai una madre eccezionale!
Marilena Pipitone