FESTE: Natale con i tuoi

No. Non sarà un Natale come gli altri e in quanto a Capodanno ancora peggio: addio abbuffate. Per una cittadina come la nostra SEMBRA un vero disastro: qui il Natale per credenti e non, ha un significato speciale, aggiuntivo rispetto agli altri Natale che si celebrano nel nord o anche in altri paesi sparsi per il mondo: qui il Natale porta il ricordo della fame, di quando solo a Natale e Capodanno molti poveri (ed erano i più nel nostro paese) potevano godere di un pasto decente, tutti insieme, in famiglia. E allora le abbuffate erano giustificate, perché la prima libertà è la libertà dal bisogno, dalla fame, dall’indigenza. Non ce le meritavamo delle feste così, un Natale così. E tutti a imprecare contro le misure restrittive, contro una politica che ci costringe a essere austeri quando avremmo bisogno di allegria, di botti, di rumore. I cattolici vecchio stampo (alcuni dei quali credono di essere gli unici depositari del Natale) si lamentano perché la messa non viene celebrata a mezzanotte anche se viene da chiedersi se la messa di mezzanotte sia sempre stata inclusiva, visto che a quell’ora vecchi, bambini, malati, disabili non possono certo andare in giro. Ma tant’è. Non sarà un Natale come gli altri. Ma riflettiamo: quanti di noi hanno realmente festeggiato il Natale? Pensiamo ad una festa di compleanno: ci si va con dei regali per il festeggiato, vale a dire per il protagonista della festa: chi compie gli anni. Che poi ci si abbuffi e si ecceda, ci sta: può essere il nostro modo di condividere con il festeggiato il reo tempo che fugge, la vita che va gradatamente verso il compimento, la solidarietà di chi festeggia la vita (Ecco, ci sei arrivato!) e la morte (cento di questi giorni!). Ma chi è mai andato alla celebrazione della nascita del bambino Gesù? Stranamente i festeggiamenti sono per tutti (scambio di regali, inviti a cena, doni e abbuffate) guardando quel Bambino con qualche sguardo affettuoso ma distratto perché se no li maccarruna si raffreddano e ogni “pecura chi fa bè, perde lu muccuni”. Senza contare che spesso il festeggiato non ha un presepe, ma solo un albero. E quel Bambino che tutti diciamo di amare, di adorare, rimane lontano come nella grotta in cui ebbe a collocarlo San Francesco. Ma gli alberi (e questo va detto al nostro sindaco) servono per i cani e per gli esterofili: Partanna non vive senza presepe, o, almeno, è meno Partanna se gli abitanti non possono che guardare le luci di un albero estraneo agli aspetti floroculturali di Partanna come gli estranei Pini della Villa, un tempo solo luogo di pettegolezzi e maldicenze. L’abete lasciamolo ai Lapponi, ai Nordici, a chi non ha tempo da dedicare al presepe perché troppo impegnato a preparare la PROPRIA FESTA. Sebbene ciascuno di noi non possa dirsi NON cattolico, e pur ragionando da laici non si può ragionevolmente affermare che il Natale si festeggi: si festeggia invece il nostro festeggiare, la nostra gola, la nostra voglia di divertirci, la Nostra Vita. E chi ci diede vita, rimane solo. In un grotta, come se da sempre fosse isolato per il Covid. Isolato? No: in QUARANTENA. Al freddo e al gelo. Senza mangiare. A noi non rimane che il silenzio e se lo sappiamo cogliere forse saremmo più vicini all’evento comunque (anche per il laici irriducibili) Divino. Vito Piazza ispettore emerito


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