PARTANNA – Il 4 gennaio scorso, all’età di 90 anni, nella sua casa di Milano, è morto Franco Loi e, com’era prevedibile, la notizia della sua scomparsa passerà pressoché inosservata dalla moltitudine degli italiani, perché ritenuta irrilevante dagli organi nazionali d’informazione, non essendo stato Loi un calciatore, né un attore, né un cantante, né un mafioso, né un politicante, ma soltanto un Poeta, ma di quelli grandi però, di quelli veri, che hanno contribuito a rendere il Novecento ineguagliabile nel campo della Poesia dialettale. Dialetto milanese totalmente estraneo alla tradizione di Carlo Porta e Delio Tessa, se non con quest’ultimo per affinità espressionista, ma piuttosto rivoluzionario per la originale commistione linguistica operata incrociando, nel suo linguaggio poetico, la lingua del proletariato urbano con quella degli immigrati, con uno stile espressionistico soprattutto nelle prime raccolte – I cart del 1973 e Strolegh del 1975 – e rivolto a quei ceti sociali più emarginati e sofferenti, dando così voce e coscienza civica all’emarginazione e all’ingiustizia sociale attuale e storica. A scoprirlo poeta, a 35 anni nel 1965, è Vittorio Sereni, allora direttore letterario della Mondadori. Scrive per amore, come egli stesso dice, dapprima in italiano, ma si sentì subito trascinato nel dialetto di quella Milano in cui si era trasferito da Genova all’età di sette anni e dove iniziò a lavorare come operaio delle ferrovie, poi all’ufficio pubblicità della Rinascente e infine all’ufficio stampa della Mondadori. Scrive spinto da un vero furore immaginativo e compositivo fino a 120 poesie in un mese. Pubblica, fra l’altro, I Cart nel 1973, Poesie d’Amore nel 1974, Stròlegh nel 1975, Teàter nel 1978, L’Aria nel 1981, Liber nel 1988, Memoria nel 1991, L’Angel nel 1994, fino ad Isman del 2002 e Acquabella del 2004, si occupa inoltre di saggistica, teatro, traduzioni. Di lui è stato detto che tutta la sua poesia può essere considerata come un solo, unico poema ed egli stesso ne conveniva sottolineando la continuità spirituale che L’Angel aveva con Isman e con Acquabella e che la differenza tra Stròlegh, Teàter e i libri successivi era più espressiva che sostanziale. Ho avuto l’onore e il grandissimo piacere di conoscerlo di persona, ospite a casa mia assieme alla moglie Silvana, nell’Agosto del 2007, quando lo volli come Ospite d’Onore al decennale del Premio di Poesia ” Città di Partanna”. Giorni indimenticabili con persone indimenticabili. In quattro, con mia moglie, partivamo a visitare i dintorni e Loi volle rivedere i luoghi del terremoto del ’68, emozionandosi come un bambino. Volle riabbracciare Lorenzo Barbera con il quale quei luoghi aveva già visitato, partecipando alle marce e manifestazioni varie organizzate da Danilo Dolci. Addio caro Franco, di te mi resta una copia con dedica di “Aquabella” che conservo tra le cose più preziose.
Tino Traina