Gli amori clandestini del “signurinu”

Vito-Marino-1-150x150Nel “Risveglio”, giornale del Circolo della Gioventù, n. 9 pag. 4 del 14/8/1904, si legge: “Le cronache dei giornali sono sempre piene dei dolorosi e tristi drammi della seduzione, dove le povere ragazze restano vittime di emeriti mascalzoni, che vanno a caccia di vergini, come si va a caccia di pettirossi o di beccacce. Solo la rivoltella di quando in quando riesce a destare l’attenzione del pubblico indifferente e cinico”. Questo trafiletto rispecchia la realtà di un periodo storico, quando i benestanti, anche sposati si annoiavano senza far nulla e passavano il loro tempo nei circoli o nei bar del paese a fare pettegolezzi e a vantarsi delle proprie avventure amorose. Allora la donna non lavorava, quindi non aveva indipendenza economica e dipendeva dal padre, dal fratello o dal marito; una donna che restava vedova senza indipendenza economica aveva la possibilità di fare queste scelte: sposarsi di nuovo se trovava un pretendente, andare ad abitare presso un fratello o una sorella o fare la prostituta. In quest’ultimo caso il benestante cacciatore “lu signurinu”, che l’attendeva al varco, aspettava proprio questo momento per gustarsi questo bel bocconcino. Succedeva pure che una ragazza rimasta senza il padre e la madre e, principalmente senza risorse economiche proprie o della parentela doveva anche lei scegliere per forza la via della prostituzione. Anche in questo caso il benestante “l’aiutava” a intraprendere la carriera passando prima dalle sue grinfie. Ma, il “giovin signore”, per come l’avrebbe appellato il Parini, teneva a disposizione dei suoi desideri anche una donna, che pagava regolarmente: “la mantinuta”. Fra i galletti dei benestanti non avere una donna fuori la cerchia familiare era una grande vergogna e non si era tenuti in considerazione fra gli appartenenti alla stessa classe sociale. Inoltre, in casa teneva una cameriera, per i lavori domestici, ma della quale si serviva per i suoi desideri. Se questa restava incinta la faceva abortire con l’intervento di qualche “mammana” oppure portava il bambino appena nato “a la rota”, per l’adozione. Nel caso più felice, quando voleva disfarsi della cameriera ormai sfiorita, la faceva sposare con un suo contadino povero e regalava loro una catapecchia per andare ad abitarvi o un pezzetto di terreno agricolo.
Vito Marino


Pubblicato

in

da

Tag: