Guidare a Partanna. (1^ puntata, la precedenza)

di Vito Piazza

I  partannesi sono i migliori guidatori del mondo. (E tu, di Castelvetrano che cazzo ridi? Tutta invidia perché noi siamo the best!) Cominciamo col dire che qui il Codice della strada valido su tutto il territorio italiano – isole comprese – non esiste. Non ce n’è  bisogno.  I partannesi hanno tanto di quel buon senso che possono fare a meno delle leggi. E se proprio devono rispettare le leggi, se le fanno da soli. Mettete per esempio la normativa che regola la precedenza rispetto agli ostacoli che si possono incontrare lungo un qualsiasi percorso urbano. In Italia esiste la norma che se hai la destra occupata per via delle macchine irremovibili che sembrano incollate al suolo devi dare la precedenza. Di solito qui a questo non si fa caso. Hai la destra occupata da auto posteggiate irregolarmente a lisca di pesce, in doppia fila, a cazzo di cane  e sei un pochino più prepotente? Passa lo stesso. L’altro ti capirà e valuterà la larghezza della strada. Di sicuro, da bravo patentato del SUBITO dopo terremoto (le patenti non si prendevano, si distribuivamo a pioggia) sarà sicuro di farcela.  Non si incazza, ti dimostra quanto è bravo. Che bisogno c’è di rispetto del Codice? Ciò che conta è la bravura, la capacità tutta partannese di DIVIDERE (nel senso proprio di SPARTIRE) la strada. Sembriamo tutti Fittipaldi e Schumacher con il diploma di geometra, capaci di dividere equamente la strada, come gli agrimensori i terreni di campagna. Già la precedenza. Cosa dice il Codice che è una legge dello Stato? Tra le altre cose che si deve dare la precedenza a chi proviene da destra. Sbagliato. Questa è una regola per quegli imbecilli dei polentoni. Qui ci si guarda negli occhi. Muti. Ma in quegli occhi c’è un intero discorso di Vittorio Sgarbi o di qualche politico locale particolarmente verboso. Gli occhi del primo guidatore guardano. Se timido o semplicemente rispettoso, pur avendo ragione i suoi occhi dicono: “Toccherebbe a me, ma se…” E se l’altro è pure una persona educata lo fa passare. Non si tratta – si badi bene – del riconoscimento di un diritto, ma di una CONCESSIONE. “ Passa pure!”. Spesso lo stop sembra la marca di una sigaretta: STOP CON FILTRO! E come le sigarette le(gli) STOP si bruciano. Specie se hai un SUV che ti fa sentire al di sopra degli altri comuni mortali. Saranno loro (i comuni mortali) a farsi del male. Per il resto ci penserà l’Assicurazione. La precedenza non è un concetto giuridico, ma l’affermazione di uno “status,” vale a dire l’insieme dei ruoli che occupi nella comunità partannese (giornalisti domestici: evitare “città belicina”, non se ne può più) di cui il più importante è la posizione sociale.  E qui domina sempre lo status, quando invece nel caso specifico hai semplicemente un RUOLO di guidatore e non uno STATUS (sindaco, onorevole, ispettore, dirigente scolastico, prefetto ecc). In pratica si dà la precedenza a chi è importante. O che tale sembra. O che tale immagine sa vendere con il suo atteggiamento spocchioso che guarda tutti dall’alto in basso e non sa che sta guardando dal di sopra della “cartedda di la munnizza”. Se ci pensate la precedenza è uno dei mali del nostro paese. Fare la fila ad un Ufficio è considerato disdicevole, irriguardoso. Ci deve essere l’amico che ti fa passare davanti agli altri. Se non hai amici in ogni ufficio o istituzione che ti fanno passare davanti – magari davanti al vecchietto che tremolante e malfermo aspetta da tre ore – non sei nessuno. Non potrai ambire a nessun posto di rilievo nella città (belicina?minchia no!) di Partanna.  La precedenza. Fermiamoci un attimo. Un ricordo personale. E ricordo a chi ha dimenticato il ’68 – formidabili quegli anni!- che il “personale è politico”. Ancora insegnante elementare (e per di più al Nord, per cui contavo meno del due di briscola) andai in un Ufficio del Comune. Chiesi che mi venisse rilasciato il certificato di residenza. L’impiegato, noto per i suoi trascorsi militari, mi disse che era un problema. “Sai, nell’ultimo censimento…E bla bla… “. A quei tempi gli impiegati di un Ente pubblico non si ritenevano al servizio dei cittadini, ma consideravano i cittadini al loro servizio.  C’era chi appendeva il cappello e poi andava via e non tornava più. C’era chi era impegnato a lavorare per conto di privati e non poteva certo stare in sede. “Ma come vi lamentate che non c’è? E un poviru mischinu mancu lu cafè s’havi a pigghiari?”. C’era l’atto creativo del potente di turno che prima sistemava la persona, poi decideva cosa dovesse fare. Tutto a carico dei contribuenti e di chi o era immigrato o lavorava “da suli a suli”. Sono sicuro che re Enzo non ne sapesse nulla, perché nella sua infinita bontà, avrebbe provveduto a redarguire l’impiegato. E’ noto a tutti come Re Enzo non facesse distinzioni di appartenenza, purchè votassero per lui.  In pratica l’impiegato mi faceva storie. Ci ho messo un po’ a capire. Io ero “nuddu”. Non solo non ero figghiu del proprietario della rete elettrica noto per la sua ricchezza e per i denti che sembravano scaglie, ma ero pure “scarso”.una colpa che la città (belicina?, nooo, dei fossati va bene?) difficilmente perdona. L’impiegato filosofava e bla e bla e bla e bla…Ma quando afferrai il concetto, la mia reazione fu di quelle che il Tizio non dimenticherà facilmente. Oggi sicuramente le cose sono cambiate. Gli impiegati sono al servizio dello Stato e dell’Ente pubblico, sono disponibili e sempre sul posto di lavoro accada quel che accada. Nessuna precedenza per loro. Nessun favoritismo. Questo bisogna riconoscerlo a Re Enzo: ha cambiato la cultura del clientelismo a favore di equità e giustizia: la legge è uguale per tutti. Dopo anni e anni venne un nuovo sindaco. Intitolò delle strade e in due mandati cambiò ancora in meglio il volto della città, incise sul costume dei partannesi creando posti di lavoro e sviluppo.  Poi ritornò Re Enzo. Meno male: ritrovò tutto come prima. Non era cambiato nulla. E Re Enzo che pure regnava con simpatia non soffriva di ipertrofia dell’ego. La precedenza? Quella della legge. O no? Primo. PS. A quei 24 lettori (uno in meno del Manzoni) mi rivolgo. Scrivo per il piacere di scrivere e perché ammiro e stimo il mio direttore Bencivinni un bravo “self made man”. Pochi sanno (e nel costume partannese questa sarà presa come presunzione, perché non si verificano i fatti ma i pregiudizi) che sono iscritto da 20 anni all’Albo dei giornalisti, che ho scritto per anni per l’Unità (quando era un vero giornale che dava voce ai poveri Cristi), per Smemoranda (DIRE FARE BACIARE) per l’Educatore, per i Diritti della Scuola, per il Corriere di Informazione, per la Rivista dell’Istruzione del Ministero ecc. e che ho collaborato con Giovanni Minoli e RAI 3. Se oggi scrivo qui è perché amo Partanna. Con i suoi pregi e i suoi difetti. Vederla andare alla deriva mi fa male al cuore. E in questo senso io ho già dato: l’infarto l’ho avuto. So di non piacere a tutti. Ma vogliamo dimenticare le persone e parlare dei fatti? Ho bisogno di feed- back. Vale a dire di sapere cosa pensate. Posso (più che possibile, probabile) sbagliarmi. Qualcuno vuole dirmelo in modo CIVILE scrivendo alla redazione? A voi la…. Precedenza!

 


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