DOPO LE FESTE di Vito Piazza
Abbiamo tutti esagerato col cibo. E pur non essendo un nutrizionista come il mio amico Tino Traina mi piace cogliere la vera “essenza” del mangiare. So che molti rimpiangono il tempo in cui la carne si mangiava solo a Natale e Carnevale (una contraddizione doppia: Gesù in una stalla poteva al massimo mangiare latte materno e di pecorelle – per questo poi racconterà l’affannosa ricerca della pecorella smarrita, perché la fame provata alla nascita rimane per tutta la vita -) mentre Carnevale deriva da “carne levare” che non è certo un invito a levare la carne, la salsiccia, il porco di casa- senza offesa- ingurgitando il tutto facendolo sparire nello stomaco. Eppure oggi – seppur col governo attuale – in qualche modo possiamo permetterci la carne tutti i giorni. E ci siamo pure inventati che il cioccolato favorisce il riso. Vi ricordate quando la nonna o la mamma vi dava un po’ di companatico che spariva subito? Siete fortunati, a me la nonna dava due pezzetti di pane: il più grosso era abbastanza fresco, il più piccolo rappresentava il companatico, più duro ma più gustoso: non sono mai riuscito a finire contemporaneamente pane e companatico. Piccola digressione per seguire quanto detto sui siciliani nientemente che da Cicerone: Che il siciliano sia avvezzo all’ironia lo sosteneva anche Cicerone (in Verrem – Actio Secundae – Liber Quartus – De Praetura Siciliensi) “Numquam est tam male Siculis, qui aliquis facete et commode dicant (Qualunque cosa possa accadere ai Siciliani, essi lo commenteranno con una battuta di spirito).” A noi , dice Cicerone, non succede niente di tanto grave che non riusciamo a trasformarla in una battuta di spirito. E quando qualche scolaro chiedeva la spiegazione di cosa significasse contemporaneamente, il maestro diceva: poniamo che tua madre faccia il mestiere più antico del mondo di nascosto da tuo padre, che qualifica potremmo dare a tuo padre?
E il bambino: sarebbe “cornuto!”
E il maestro: e contemporaneamente tu saresti figlio di puttana!
Ritorniamo sui binari seri darto che la scuola non è mai stata una cosa seria.
Perché continuamo a mangiare così tanto?
Perché da un punto di vista sociologico quando un uomo prova la fame, quella vera che solo gli ipocriti chiamano “appetito” rientra nella categoria dell’”homo aeconomicus”: ha fame deve mangiare.
Poniamo che passi ad uno status sociale più elevato. Ora ha i soldi, può mangiare come e ciò che vuole. Non è più un homo aeconomicus. Ma gli è rimasta la cultura- vale a dire tutto ciò che influenza atteggiamenti e comportamenti dell’homo aeconomicus e posto nella scelta tra comprare un quotidiano per informarsi preferisce pensare alla pancia ingurgitando una brioches di cui era solita nutrirsi Maria Antonietta prima che la Rivoluzione francese gli facesse perdere la testa per Robespierre (Forse non è proprio così). E’ questo un motivo che travalica la psicologia sociale per affondare nell’antropologia.
Ha ragione un grande della nostra cucina:
Il mondo ipocrita non vuol dare importanza al mangiare; ma poi non si fa festa, civile o religiosa, che non si distenda la tovaglia e non si cerchi di pappare del meglio. (Artusi)
… E vissero felici è contenti. Questo il finale di quasi tutte le fiabe dove lei trova il principe azzurro sposa una Cenerentola, povera, ma graziosa. Fine, snella una top model. La fiabe si fermano qui. Cosa c’è oltre? Forse Cenerentola si metterà a preparare pranzetti e leccornie e visto che dopo qualche anno sarà decisamente ingrassata non avrà altra soluzione per mantenersi l’affetto del principe che prenderlo per la gola. E il principe tornerà a casa non tanto per amore quanto per fame. Diventerà un goloso, se non addirittura un ingordo. A questo punto dovrà guardarsi dalle tentazioni della strega (si ricordi che nella realtà storica le streghe venivano bruciate perché bellissime e che oggi sono scomparse perché abbiamo smesso di bruciarle) che guardandosi nello specchio sarà davvero lei, se non la più belle del reame, sicuramente più bella della Cenerentola diventata ormai bolsa e grassa. Che succede allora? Cenerentola si mette a dieta. Ma come tutti noi aspetta sempre il lunedì. Un lunedì che difficilmente sarà segnato sul calendario con nomi e cognomi. Ci sarà sempre un manicaretto che dividerà con il principe (obeso, ormai è obeso) per via del principio dettato da Oscar Wilde: so resistere a tutto tranne che alle tentazioni. E questo non tanto perché la fame è un BIS-sogno( un sogno sognato due volte) quanto perché il cibo non costituisce da tempo un nutrimento, ma un piacere edonico che sembra rimediare alle nostre frustrazioni quotidiane. Hai litigato con il capoufficio? Allora non ti resta che abbuffarti. Hai problemi esistenziali e vedi che il tuo collega invece vive sereno e soddisfatto? Tanto vale mangiare. E bere (ricordate una canzone di Vecchioni? “ E non c’è niente che non passi con il vino…”) non tenendo conto del fatto che spesso ciascuno cerca il paradiso nell’inferno degli altri. Che ne sai della vita intima del collega?“ molti che credono di avere una vita interiore molto intensa, hanno in realtà il verme solitario”. A parte questo tutte le scuse son buone per ripetere la grande abbuffata: il compleanno, una rimpatriata fra amici, una riunione di lavoro, un matrimonio e perfino un funerale (lu cunzulu!)… Ma perché questa attribuzione impropria al cibo? Perché il cibo non è solo tempo (il tempo di pranzo e cena) ma anche spazio e divertimento: il luogo dove si mangia, i figli o vicini cari, la coincidenza col programma preferito, l’allegria delle luci e delle forchette splendenti, il brindisi e il suono dei bicchieri copputi… Aveva ragione Bernard Shaw: le cose più belle della vita o sono immorali, o sono illegali, oppure fanno ingrassare.
Del resto tutta la storia umana attesta che la felicità dell’uomo consiste nel rimanere un peccatore affamato. E questo da quando Eva mangiò il pomo. E la saggezza cinese ci dice che mangiare è uno dei quattro scopi della vita… quali siano gli altri tre, nessuno lo ha mai saputo.
E Socrate? Capace di sopportare ettolitri di vino e quintali di cibo scusandosi (pare nel Convivio se si vuol dar retta a Platone) col dir: non bisogna preoccuparsi di ciò che si mangia, ma con chi si mangia. Mangiare non è più un fatto fisiologico, ma culturale. Fast food e slow food non sono due scuole di pensiero: sono due scuole di famelici alcuni dei quali divorano ignobili porcherie da Mac Dhonald e altri che mangiano una sola volta: dal mattino alla sera.
Certo ci sono persone a cui certi cibi sono rigorosamente vietati: ma anche costoro sanno trovare rimedio alle restrizioni. Conosco diabetici che dopo un enorme piatto di pastasciutta, salsiccia rosolata nell’aceto, due cannoli e un pezzo di torta tanto per gradire, quando è il momento del caffè si precipitano dicendo: PER ME SENZA ZUCCHERO, grazie!
E se l’ignara padrona di casa chiede perché, si sente rispondere: PRODUZIONE PROPRIA.
L’idea di paradiso che hanno molti e schivando i gironi infernali danteschi è quella di inserire nel calendario una sola festa con cenone: il capodanno. 365 di calendario. E forse penseranno che a chi bussa alla porta non si domanda: “Chi sei?” Ma: “Siediti e mangia”.
E’ vero che tutto quel che non si mangia, fa bene alla salute. Ma il Capodanno è passato. Mettiamoci a dieta.
D’accordo?
Cominciamo da lunedì
… AUGURI