BRUXELLES – Riceviamo le seguenti riflessioni di Giusy Bivona, giovane studentessa universitaria campobellese che si trova in questi giorni per motivi di studio proprio a Bruxelles dove vige da alcuni giorni una sorta di coprifuoco mai attuata finora. Pubblichiamo qui di seguito il contributo della giovane studentessa:
“Da anni si sente parlare di integrazione, di convivenza pacifica, di unione di popoli di diverse etnie, culture e religioni, una unione tanto cercata ed auspicata su più livelli, sia a livello sociale sia a livello politico ed istituzionale.
A livello internazionale, e in particolar modo a livello europeo, i legislatori nazionali hanno cercato di adottare leggi e provvedimenti al fine di garantire quella coesione tanto desiderata quanto dovuta, essendo i Paesi ormai un crogiuolo di popoli di diverse culture, che più o meno spontaneamente si ritrovano a convivere in un Paese, anche solo semplicemente per cercare un’occupazione.
A livello europeo, le maggiori istituzioni di Bruxelles hanno cercato negli anni di pubblicizzare e “divulgare” tra i paesi membri dell’UE gli strumenti e i mezzi idonei a combattere qualsiasi forma di razzismo, cercando di creare un grande calderone in cui possano convivere culture diverse, che vivano e si arricchiscano con e attraverso la diversità. A colpi di sentenze poi, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha costantemente cercato di sanzionare le diverse forme di violazione del principio di parità tra gli uomini, emettendo pesanti sanzioni per i cinquantadue paesi membri del Consiglio d’Europa che non avessero adeguato il proprio ordinamento interno al multiculturalismo ed all’integrazione.
Sembrava veramente funzionasse tutto per il verso giusto, e invece dal 13 novembre 2015, dopo gli attacchi di Parigi, quel sistema tanto voluto e costruito con sforzi immani da parte dei paesi europei, sembra essersi frantumato, come un vaso di cristallo, colpito da un pallone lanciato con troppa veemenza. Alcuni integralisti islamici, il cui volto è ormai noto e fonte di terrore per ciascuno di noi, hanno bloccato quel processo di integrazione tra i popoli, che iniziato molti decenni fa, stava iniziando a germogliare e a fare assaporare gustosi frutti a ciascun cittadino europeo, i frutti della pace e della libertà di circolazione, che sono inoltre gli obiettivi che i primi sei Stati europei, all’indomani della II guerra mondiale, si erano prefissati con la creazione della prima Comunità Europea. Il tutto in nome di un Dio, che, a veduta degli attentatori, preferirebbe vedere uomini, donne e bambini trucidati barbaramente perché “infedeli”.
Per motivi di studio, mi trovo da qualche settimana nella capitale dell’Unione Europea, mi trovo nella sede del Parlamento Europeo. Prima dell’attacco, Bruxelles era veramente il centro dell’Europa. Ho sentito ed incontrato gente proveniente da diverse parti del mondo, ho sentito parlare tante lingue, mi sono immediatamente sentita cittadina europea, e ho ammirato da vicino la grande bellezza della cooperazione e dell’integrazione tra cittadini di diverse religioni, culture, lingue ed etnie, una diversità che non può che essere motivo di arricchimento personale.
Da qualche giorno invece sul cielo di Bruxelles è calato il silenzio e si è aperto uno scenario di guerra, uno di quelli che si vedono al cinema o che si leggono nei libri di storia. Città blindata, esercito in ogni angolo della città, ansia e paura sui visi della gente. Non sapremo quando finirà , ma certamente dovrà finire, perché un integralismo malato, come questo, non può avere la meglio, non deve vincere, dovendo continuare a trionfare i valori della libertà, dell’uguaglianza e del rispetto dell’essere umano in quanto tale. Ritorneremo certamente ad innalzare la bandiera della pace, quella bandiera che ciascun essere umano vorrebbe sventolare con orgoglio in ogni istante della sua esistenza.
Giusy Bivona