La disabilità come sfida

Cari lettori, una lettrice di Kleos Paola Gandolfo presidente  dell’associazione spazio libero di Salemi, mi invita a trattare un tema particolare, la disabilità, un tema che la tocca da vicino come esperienza di vita.

E che l’ha portata a raggiungere grandi risultati, nonché due lauree e che oggi mi chiede di parlarne  affinché altri  non si arrendano, ma lottino per raggiungere  ciò a cui credono.

La psicologia ha contribuito a proporre una visione ampia dell’handicap, comprensiva della sua connotazione biologica e sociale, che fornisce una immagine dell’individuo nella sua totalità, nell’interazione complessa tra le componenti integre e quelle deficitarie, nelle dinamiche psicologiche caratteristiche di alcune situazioni e di alcuni contesti (Zanobini, Usai, 1998).

L’individuo portatore di handicap è innanzitutto una persona, che possiede, tra le innumerevoli componenti della sua personalità e del suo corpo, delle peculiarità, che possono avere conseguenze negative più o meno importanti, strettamente dipendenti dall’ambiente socio-economico-culturale e familiare in cui vive. Già, perché il grado di handicap di una persona non è legato solo dall’entità del danno fisico o mentale: esso è in gran parte un fenomeno sociale.

Il confronto con il mondo della disabilità è possibile nella vita di ciascuno di noi, non bisogna perdere di vista il fatto che, ogni essere umano, porta con se un suo “mondo”, con all’interno vissuti personali, stile di vita, carattere, per questo motivo ognuno di noi è unico e speciale con conseguente diversità.

In questo senso si può intendere la diversità come una risorsa, in termini di crescita e arricchimento personali. Solo attraverso la conoscenza e l’accettazione incondizionata dell’altro,  esiste confronto e riflessione.

Molti di noi considerano l’identità di una persona diversamente abile come un tesoro che non va scoperto, ma lasciato sepolto.

Questa opinione include una quasi certezza: la vita di relazioni non potrà che recare danni a una persona diversamente abile. Si potrebbe anche dire che, la qualità delle relazioni, sia determinata dalla presenza della persona disabile a priori. La paura che il confronto possa creare tensioni porta a considerare idilliaca la condizione che colloca il disabile nel limbo dell’innocenza e dell’ignoranza.

Nel corso degli anni, certo, dei passi in avanti sono stati fatti, a partire dalla trasformazione della parola handicap, che dava l’idea di menomazione, impedimento, in “diversamente abile” che, in un certo senso, potrebbe andare nella direzione di persona capace di dare e trasmettere qualcosa alla società e agli altri, anche se quel “diversamente” appare sempre una discriminante.

Ma ciò sarebbe di poco conto se l’emancipazione del disabile verso una normale integrazione nella società avvenisse nel quotidiano, nei normali rapporti di relazione tra persone.

Purtroppo, ancora, siamo lontani dall’imparare a vedere l’handicap come risorsa e non come sofferenza; solo ultimamente molte famiglie, davanti a una situazione difficile, si rimboccano le maniche e riescono a gioire dei passi fatti e dei traguardi raggiunti. L’obiettivo vincente sarebbe quello di riuscire a eliminare tutti quegli svantaggi che la struttura e l’organizzazione della società pone davanti alla disabilità, in maniera da passare dalla cultura dell’handicap a quella della normalità, ovverosia che afferma la diversità di ogni essere umano come condizione normale, quindi risorsa positiva, patrimonio di cultura, capacità, attitudini, vitalità.

Dal principio di non discriminazione sancito dal trattato di Amsterdam (art. 13) può e deve derivare una politica attenta a valorizzare, nel concreto, la disabilità come risorsa umana, morale, sociale, economica, culturale. Alla giusta e doverosa tutela dei diritti (primo fra tutti il diritto alla salute, sancito dalla Costituzione), si deve affiancare un concreto pacchetto di iniziative volte a garantire la libertà di vivere come tutti.

Ritengo, che sia necessario orientare la nostra mente verso la visuale del mondo disabile come risorsa e dal porre le condizioni affinché vengano predisposte specifiche campagne di comunicazione, per promuovere una nuova immagine del mondo della disabilità; disabilità come risorsa, solidarietà, partecipazione, pari opportunità, non discriminazione.

Le persone con disabilità possono diventare soggetti socialmente attivi e dobbiamo dar loro la possibilità di diventarlo. Il dovere di tutti noi è quello di farci carico della loro stessa volontà e di assumerla socialmente, politicamente, eliminando qualsiasi ostacolo psicologico, giuridico, fisico che tenda a isolarla, abbattendo il pregiudizio, la negligenza che nasconde, umilia ed oltraggia. E’ imprescindibile che si abbandoni l’idea dell’assistenzialismo e si guardi alle persone diversamente abili in maniera attiva, senza pietismo, ma come risorse positive della comunità. Non dovrebbe mai mancare il rispetto e l’attenzione verso chi, da una posizione differente e svantaggiata, ci dimostra di essere in grado di insegnarci volontà e forza vitale.

Grazie Paola per aver colto l’invito, per esserti messa in gioco, esorto i lettori a scrivere se vogliono sapere di più sugli argomenti sarò pronta a rispondere alle vostre lettere. di Marilena Pipitone


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