SANTA NINFA – A Santa Ninfa la Festa di San Giuseppe rappresenta un appuntamento centrale nella vita religiosa e civile del Paese. Gli altari di San Giuseppe venivano realizzati dai santaninfesi sia per sciogliere i propri “voti” religiosi sia per affidare la propria famiglia ed il proprio lavoro al Patriarca. Nella “creazione” degli altari votivi i santaninfesi uniscono la preziosa lavorazione del pane; l’umile devozione che vuole la distribuzione del cibo ai poveri; la grande partecipazione popolare durante tutti i riti di preparazione e celebrazione. Ogni anno, in perfetto stile santaninfese, i devoti realizzano, uniscono e creano, rinnovando una tradizione popolar-religiosa da trasmettere alle generazioni future. Intorno all’altare votivo si celebra la “Cena di San Giuseppe”. Un tempo, la cena era un banchetto che la “famiglia” che doveva sciogliere il voto offriva a li “virgini” ovvero alla Sacra famiglia, rappresentata da tre persone provenienti dai ceti più poveri. I preparativi per organizzare questo banchetto si protraevano per diversi giorni perchè bisognava impastare, lavorare e cuocere il pane, con cui attraverso ghirlande di alloro si addobbava l’altare, e soprattutto preparare cento ed una pietanza (dalla pasta con le sarde per finire con li sfinciuna di San Giuseppe). La vigilia del 19 marzo, si aprivano le porte dell’altare, ma prima di ricevere il pane bisognava pregare con un’antica filastrocca popolare che iniziava così “ie trasu nì sta cena cu pompa ed allegria salutu Gesù, Giuseppe e Maria”. La cena si consumava alle ore dodici del giorno di San Giuseppe, nel locale dove era stato allestito l’altare. Ed il cibo ed il pane che avanzava dalla cena era distribuito alla comunità e soprattutto ai poveri, in segno di solidarietà, condivisione e fratellanza. Le tre ghirlande di pane poste sull’altare, che erano state arricchite dalle offerte in denaro dei fedeli, venivano donate a chi nell’altare aveva svolto il ruolo delle virgini ovvero ai poveri della città. Si celebrava la Santa Messa Solenne e la statua del Santo veniva portata a spalla dalla Confraternità di San Giuseppe. I festeggiamenti finivano davanti alla Casa della Fanciulla, in piazza Libertà, dove prima di far rientrare il Santo, il parrocco benediceva i fedeli, affidava le famiglie, il lavoro ed il raccolto, e l’intera comunità alla protezione di San Giuseppe. Da qualche anno, l’amministrazione comunale santaninfese il 19 marzo scende in campo per onorare il compatrono della città. Nel 1999, venne dato alle stampe, per unire tradizione civile, religiosa e culturale, i “I Pani della Memoria”, in onore del pittore Nino Cordio a cui oggi è dedicato il Museo santaninfese. Nella lettura di quel libricino, che vanta interventi illustri (da Camilleri a Siciliano), si respira l’antica devozione per il Santo, il ringraziamento per tutti i frutti della terra e anche oserei dire la “vera” politica. Quest’anno gli altari santaninfesi sono stati ben cinque e le celebrazioni in onore del Santo sono durate ufficialmente tre giorni. La parrocchia, con le associazioni cattoliche, ha realizzato due altari, nelle chiese dedite al culto. La Pro-loco cittadina ha realizzato un altare nell’ex sede del comitato politico del sindaco Lombardino con il contributo economico e di servizio gratuito di molti volontari. L’associazione cusmaniana ha realizzato il solito altare presso la Casa di Riposo ed ha collaborato con l’amministrazione comunale per la realizzazione dell’altare al Centro Sociale. Su quest’altare però i santaninfesi dovrebbero fermarsi a riflettere. Forse quest’altare “pubblico” era rivolto all’eliminazione ed al rispetto delle povertà? Oppure forse qualcuno ritiene che gli amministratori locali ed i loro “parenti ed amici” rientrano nelle nuove fasce di povertà? Di certo saremmo felici di conoscere i costi di questa “mensa politico-religiosa” per le tasche dei cittadini, sia in termini diretti che indiretti. Ma forse l’obiettivo era un altro. Magari, quello di far “competere” la “sagra del pani cunzatu” in onore di Santa Ninfa con la “Cena di San Giuseppe”? Eppure quando si trattò del “pani cunzatu” ai tavoli c’erano tutte le associazioni locali, laiche e religiose, in collaborazione, coordinate dalle istituzioni civili e relisiose, unite da un unico spirito. Bisognerebbe forse che i nuovi amministratori “leggessero” le foto pubblicate su fb alla luce di ciò che i vecchi amministratori hanno scritto nel 1999? Le scelte politiche in tempo di crisi per essere “officina” di cultura e “ponte reale” tra presente e passato devono coniugare “i valori della tradizione religiosa-popolare” con “il rispetto delle povertà reali”. Nel 1999 fu fatto, oggi cosa manca? E soprattutto cosa o chi è cambiato? Batman
La Festa di San Giuseppe a Santa Ninfa
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