L’adolescenza – afferma lo psicoanalista inglese Donald Winnicott – è una scoperta personale durante la quale ogni soggetto è impegnato in un’esperienza; quella di vivere in un problema: esistere”.
Questa lunga frase di scoperta segnata da numerosi cambiamenti somatici e psichici, è finalizzata ad un assetto nuovo ed originale del soggetto, che può essere anche e soprattutto causa di turbamenti: come l’angoscia di perdere nella trasformazione, l’unità del Sé; il timore di un ritorno ad un’impotenza infantile originaria; il rischio di una chiusura in se stessi per l’incapacità di far fronte alle nuove e pressanti richieste dell’ambiente. Tuttavia questa scoperta rappresenta anche una fase stimolante e creativa, perché apre a nuove esperienze, nuove possibilità.
Le numerose, a volte contrastanti teorie dello sviluppo adolescenziale, sono raggruppabili in due visioni fondamentali. La prima considera l’adolescenza come una fase certamente difficile, ma complessivamente creativa e positiva: una sorta di “working in progress”. E’ la tesi di Erik Erickson, di Heinz Kohut, di Donald Winnicott. La seconda invece considera l’adolescenza come una fase pericolosa e drammatica del ciclo vitale, che può oscillare tra un sicuro turmoil ed un probabile breakdown e comporta sempre un prezzo elevato. E’ la tesi di Melanine Klein, di Margareth Mahler, di Anna Freud, di M. Eglè e di Moses Laufer (questi ultimi nel volume Adolescenza e Breakdown evolutivo) che sembrano confermare le parole del poeta Paul Nizan: “Ho avuto anch’io vent’anni e non permetterò a nessuno di affermare che è la più bella età della vita”.
Tra queste due polarità, riteniamo più aderente alla realtà considerare l’adolescenza come una fase dello sviluppo, caratterizzata fondamentalmente da una probabile disarmonia più o meno temporanea, dovuta all’emergenza di pressioni biologiche, psicologiche e sociali che, prima di configurarsi in un nuovo assetto, inevitabilmente si presentano e sono vissute dal soggetto e dal gruppo sociale, come mancanza d’integrazione, come sospensione tra un passato inattuale e un futuro solo appena abbozzato.
Parlando di adolescenza un fattore su cui insistono tutti, è l’acquisizione di competenze sessuali e generative. Gli impulsi, i bisogni, le capacità del corpo sessuato e generativo determinano nella mente emozioni, rappresentazioni, fantasie e pensieri che hanno bisogno di un certo periodo di tempo per riuscire a pervenire alla costruzione di una immagine corporea integrata come base per poggiarvi la scelta di valore dell’identità di genere e dell’identità sessuata. Appare importante il contesto familiare adolescenziale; l’inadeguatezza dei genitori a sostenere il figlio nel processo di crescita gioca un peso determinante. Genitori e persone care hanno una funzione fondamentale perché dovrebbero fornire i modelli di ruolo dell’adulto ed aiutare l’individuazione della propria personalità. Allora il giovane si confronta con questi modelli, con i valori e i traguardi raggiunti dai genitori, cercando comunque l’indipendenza fisica e psicologica in un momento in cui però ha bisogno di aiuto e comprensione. A questo si può aggiungere un rapporto particolarmente intenso con la madre che può diventare un ostacolo insormontabile, che presentifica una diversa possibilità di rapporto, una nuova dialettica, e che invece si presenta come “padre maternalizzato”, come lo definisce Ladame, con conseguente sentimento di minaccia e insicurezza nel soggetto che cercherà aiuto nel “gruppo” di coetanei. Accanto alla famiglia si deve considerare la scuola ed il rapporto con i docenti, usati per proiettare i propri bisogni all’esterno e spesso loro divengono quegli ostacoli insormontabili che si sostituiscono al vero problema, ad esempio, un genitore disturbante; la scuola è un agente intermedio fra la famiglia e la società.
L’adolescente ha bisogno del sostegno della sua famiglia per poter superare in modo adeguato questo periodo critico, ma allo stesso tempo, il rapporto con i genitori è difficile perché può essere vissuto come poco soddisfacente, conflittuale, privo di comprensioni. I genitori, da parte loro, possono essere incerti su quale sia il modo migliore per stare vicino al figlio, perché possono sentirsi rifiutati o essere vittime di paure irrazionali di fronte alle richieste di autonomia dei loro ragazzi. In adolescenza la necessità di essere autonomi si fa più impellente rispetto all’età precedente, in concomitanza alla costruzione della propria identità e al bisogno di differenziazione dalle figure parentali. Essere genitori di un figlio adolescente implica accettarne il bisogno di separazione pur rimanendo disposti a fornire sostegno psicologico, in quanto l’allontanamento non deve portare alla rottura dei rapporti con la famiglia d’origine. Con la crescita del ragazzo il rapporto genitori-figlio acquisisce delle caratteristiche sempre più paritarie. Ciò è reso possibile dall’acquisizione da parte del figlio della capacità di ragionare in termini astratti e riflessivi, nonché dall’aumentata esperienza della vita. I genitori devono avere la capacità di essere flessibili e di cambiare le modalità comunicative fin’ora adottate: se gli adulti pretendono di mantenere il rapporto maturato con il figlio in epoca infantile si rischia di essere esasperati dalle continue richieste e provocazioni da parte del ragazzo, con un conseguente rischio di rottura dei rapporti. Le comunicazioni conflittuali con entrambi i genitori sono piuttosto frequenti e sono una delle conseguenze del tentativo del figlio di allontanarsi da loro. I conflitti sono interpretati dai figli come indice di interesse e di cura da parte dei genitori, mentre l’eccessivo permissivismo è vissuto come carenza di affetto all’interno della relazione. I conflitti assumono caratteristiche patologiche se sono prolungati nel tempo: in questo caso rappresentano il tentativo esasperato di negare il bisogno di indipendenza del figlio e il desiderio di mantenerlo sempre bambino controllandone la condotta e i sentimenti. Lo stile educativo più adatto che i genitori devono assumere con i figli è l’autorevolezza che implica la presenza in modo elevato sia del controllo che dell’accettazione. I genitori autorevoli sono responsabili nei confronti dei figli, fungono da sostegno e da guide. Essi incoraggiano il dialogo e tendono a chiarire i motivi delle concessioni e delle punizioni, incentivano il ragazzo nel percorso verso l’autonomia dando responsabilità consone alle capacità. Avere genitori autorevoli aiuta l’adolescente a sviluppare senso critico, sicurezza e buona capacità di ambientamento. L’autorità invece implica la presenza di elevato controllo e di scarsa accettazione, presto i genitori scoraggiano il dialogo e pretendono di essere ubbiditi, in questa maniera i figli crescono ansiosi e frustrati, sviluppano una bassa stima di sé e hanno difficoltà di adattamento. Anche il permissivismo è negativo in quanto porta i figli a pensare che i genitori siano privi di interesse nei loro confronti e si sentono privi di sostegno nei momenti difficili. Insomma la strada per i genitori non è semplice ma superato questo periodo ADOLESCENZIALE si vedranno i risultati di figli capaci di spiccare il volo e sicuri di sé. Per eventuali dubbi scrivete all’indirizzo e.mail: dott.marilenapipitone@hotmail.it
Aspetto le vostre lettere e sono pronta a rispondere anche privatamente alle vostre richieste.
Marilena Pipitone