Lo stalking e la dipendenza affettiva

“Se ami saprai che tutto inizia e tutto finisce e che c’è un momento per l’inizio e un momento per la fine e questo non crea una ferita. Non rimani ferito, sai che quella stagione è finita. Non ti disperi, riesci a com¬prendere e ringrazi l’altro: ‘Mi hai dato tanti bei doni, mi hai donato nuove visioni della vita, hai aperto fine¬stre nuove che non avrei mai scoperto da solo. Adesso è arrivato il momento di separarci, le nostre strade si dividono’. Non con rabbia, non con risentimento, sen¬za lamentele e con infinita gratitudine, con grande amore, con il cuore colmo di riconoscenza. Se sai come amare, saprai come separarti”(OSHO).
Partendo dall’articolo “Ancora violenza sul¬la donna” scritto da Enzo Minio nel prece¬dente numero di gennaio, vorrei parlare di un fenomeno che è abbinato alla violenza che le donne subiscono in nome dell’Amore: lo stal¬king e la dipendenza affettiva. L’amore, nelle sue diverse forme di attaccamento e nelle sue ma¬nifestazioni più positive e più sane, rappresenta una importante capacità e, al contempo, un na¬turale e profondo bisogno di ogni essere umano. Talvolta, tuttavia, la frustrazione o l’assenza di esperienze serene di questo sentimento umano, frequenti nell’attuale società ricca di rapporti instabili, possono generare un disconoscimento o una negazione di questo bisogno, che rappre¬senta invece un importante ingrediente di un sano sviluppo psicofisico e di una buona salute mentale e fisica nella vita adulta. Quando un rap¬porto affettivo diventa un “legame che stringe” o, ancor peggio, “dolorosa ossessione” in cui si altera stabilmente quel necessario equilibrio tra il “dare” e il “ricevere”, l’amore può trasformar¬si in un’abitudine a soffrire fino a divenire una vera e propria “dipendenza affettiva”, un disagio psicologico che è in grado di vivere nascosto nell’ombra anche per l’intera vita di una persona, ponendosi tuttavia come la radice di un costante dolore e alimentando spesso altre gravi proble¬matiche psicologiche, fisiche e relazionali.
All’interno del fenomeno della dipendenza af¬fettiva, spesso la persona dipendente attua una serie di comportamenti che potrebbero ravvi¬sare molte analogie con i comportamenti tipici del fenomeno dello “stalking”. Il profilo psico¬logico dello stalker ha diversi punti in comune con quello del soggetto affetto da dipendenza affettiva. Si è in presenza, il più delle volte, di una personalità debole che, per la paura di essere ab¬bandonata, al pari di un copione già vissuto di esperienze infantili simili, si lega ossessivamente a qualcuno. Quindi lo stalker manifesta un gran bisogno d’affetto in presenza di disturbi relazio¬nali legati ad eventi traumatici. Facendo riferi¬mento alla teoria dell’attaccamento, in lui c’è la presenza di un modello di attaccamento insicuro (ansioso – ambivalente, evitante o disorganizza¬to) per cui non può fare a meno dell’altra perso¬na, la quale diventa necessaria per la propria esi¬stenza. La parola “stalking” deriva dal linguaggio venatorio della caccia e letteralmente significa “fare la posta” per poi estendersi al comporta-mento intenzionale, malevolo e persistente, di seguire o molestare un’altra persona.
I comportamenti tipici del fenomeno dello stalking sono: telefonate, sms, pedinamenti, lettere e fiori, appostamenti vari (casa, lavoro, ecc…), violazione di domicilio, visita sul luogo di lavoro, minacce di violenza, violenza fisica e sessuale di di¬versa entità, fino ad arrivare a compor¬tamenti estremi come tentato omicidio o omicidio.
Secondo gli studiosi il fenomeno dello stalking necessita della presenza di tre elementi:
• un soggetto, detto stalker, che inve¬ste di un’intensa fissazione ideo–affetti¬va una determinata persona;
• una sequenza comportamentale ossessiva di atti di sorveglianza, di con¬trollo, di comunicazione, di ricerca di contatto;
• la persona individuata dallo stalker, detta stalking victim, che percepisce a livello personale come invadenti e sgra¬diti tali comportamenti, vivendoli come delle minacce alla propria persona e sviluppando un senso di ansia, di paura e altre problematiche psicologiche.
La maggioranza degli stalkers sono di sesso maschile ed attuano tali compor¬tamenti nei confronti di compagne che hanno interrotto o vogliono interrom¬pere la relazione. Tale comportamento patologico ha lo scopo di recuperare la relazione, per vendicarsi dei torti subiti, per dipendenza affettiva e per deside¬rio di continuare ad esercitare un con¬trollo sulla vittima. La cura è la psicoterapia, se è necessario, associata a farmaci antidepressivi. Possono essere utili gruppi di autocoscienza e di auto-aiuto che potrebbero coinvolgere con ri¬spetto anche la vittima. Fondamentale per intra¬prendere ciò è ammettere di avere un problema, riconoscerlo, prenderne coscienza e poi stabilire un vero e proprio percorso di guarigione, che avrà tutti gli ostacoli del caso: dall’astinenza, agli sbalzi d’umore, alla tendenza all’isolamento, alla malinconia, ma che di certo porterà a ristabilire da subito l’autostima, ad amare nuovamente se stessi e poi finalmente a costruire rapporti sani, perché “un amore autentico nasce dall’incontro fra due unità e non due metà”.
Marilena Pipitone


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