PALERMO – Come ha evidenziato l’archeologa Annamaria Rotella, Vice Presidente di Archeoclub D’Italia sede di Vibo Valentia, “L’Olivo bianco della Madonna”, ovvero la Olea Europaea varietà Leucocarpa, serviva anticamente per produrre l’olio che andava ad alimentare le lampade delle chiese. Con l’avvento dell’energia elettrica questo olio non veniva più utilizzato e dunque nel tempo si erano perse le tracce degli olivi detti della Madonna che hanno rischiato l’estinzione, a danno della biodiversità. Mi sono messa sulle tracce degli esemplari plurisecolari e li ho trovati in tutta la Calabria, dopo 7 anni di studi e di ricerche centimetro per centimetro. Sono riuscita a trovare 120 esemplari. Si tratta di esemplari secolari a forte rischio estinzione e la prima volta che ho trovato questo albero in Calabria, dopo anni di ricerca, è stata una grande emozione. L’ olio derivante da questo olivo veniva anticamente usato per alimentare le lampade all’interno dei luoghi di culto. Oggi ovviamente c’è l’energia elettrica e dunque questa tipologia di albero che fa parte del nostro patrimonio di biodiversità, rischiava di scomparire. E’ nata così l’idea di coinvolgere parrocchie in tutta Italia. Con le diocesi stiamo mettendo a dimora l’Olivo in prossimità delle chiese, dei conventi, dei giardini presso i luoghi sacri. Oggi, grazie a questo percorso, la varietà dalle candide olive è praticamente salva, in quanto siamo riusciti a piantarla in almeno 200 parrocchie e non solo in Calabria, ma anche in Sicilia, Lazio, Basilicata e Campania. Si arriverà, nel tempo, anche alla creazione di itinerari culturali, di una rete dei Borghi nei quali l’Olivo della Madonna è presente. Avremo insieme tutti i comuni dove sta rinascendo l’Olivo Bianco. Alla base c’è un valore anche sociale molto forte. Stiamo iniziando a coinvolgere anche i detenuti delle carceri, in questo momento con la realizzazione di materiale didattico da presentare in occasione di conferenze ma il passaggio successivo sarà il coinvolgimento degli ospiti degli Istituti anche nell’attività di innesto per garantire la riproduzione della varietà all’interno delle Carceri! Abbiamo chiesto che in tutti gli istituti penitenziari aderenti, l’albero donato dalla sezione vibonese di Archeoclub D’Italia, benedetto dal vescovo o dal cappellano dell’Istituto alla presenza dove possibile anche dei detenuti sia messo a dimora in un’area nella quale i detenuti possano vederlo per poter contemplare il prodigio dell’invaiatura delle drupe di questa prodigiosa varietà che giunte a maturazione diventano candide come confetti”.
“L’Olivo bianco della Madonna” recuperato con l’ausilio di Chiese e Luoghi di culto ed ora con quello dei carcerati
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