Metodo Stamina, riflessioni e valutazioni

Per la prima volta insieme vogliamo parlarvi di una storia dei nostri giorni che ha come temi l’etica, la genetica, la vita, le speranze e le illusioni e molto altro. Vi parleremo essenzialmente di cellule, di scienza e di regole (da non infrangere). Le cellule staminali sono delle cellule allo stato embrionale non specializzate capaci di differenziarsi in qualsiasi tessuto esse siano destinate, secondo precise leggi biochimiche ed in grado di riprodurre qualsivoglia tessuto, organo, sistema e…in futuro chi lo sa, le potenzialità sono praticamente illimitate. Purtroppo però questo nuovo e rivoluzionario approccio alla medicina è in via di definizione, sotto la lente di delicati studi scientifici e poco o nulla ha a che fare con il cosiddetto “metodo stamina” del dr. Vannoni. La scienza si differenzia dalla letteratura perché segue regole ben precise, ed è critica e severa nella lettura di dati clinici: ogni farmaco, cellula, proteina, anticorpo o virus inattivato da iniettare in un essere umano deve superare molte fasi sperimentali che riguardano animali, individui sani ed infine soggetti malati in un approccio che considera grosse popolazioni statistiche per rendere il risultato il più possibile aderente alla popolazione reale. I dati che di volta in volta gli scienziati raccolgono nel susseguirsi delle tre fasi vengono pubblicati e messi a disposizione della comunità scientifica che è libera di valutare, confermare o confutare con ulteriori esperimenti, volti ad arricchire il bagaglio scientifico che deve portare con sé un’innovazione. L’insieme di tutte le pubblicazioni che riguardano un argomento ne formano la “letteratura”: il metodo stamina non ha letteratura. Ecco perché fino ad ora le famose infusioni miracolose del dr. Vannoni non sono state approvate dal SSN e non sono state rese disponibili a tutte le famiglie che ne hanno bisogno. La Stamina Foundation (società creata nel 2009 dal dr. Vannoni) non presenta dati clinici a supporto, si avvale dei presunti miglioramenti che sono stati visti su pazienti disperati che presentano malattie neurologiche ad oggi incurabili, ha costretto gli ospedali civili di Brescia ad effettuare acquisti fuori budget ed ha intrapreso una forte campagna mediatica volta a sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto sono bravi loro e su quanto sia cattivo il ministro della salute, che per una volta difenderemo…Per fare un esempio ai non addetti ai lavori è la stessa cosa infondere una sostanza sconosciuta in un corpo martoriato e notare una qualsivoglia reazione che potrebbe essere provocata da tutto ma anche dal contrario di tutto, non essendo valutabile clinicamente e statisticamente. Tale metodo viene descritto dal suo ideatore come utile per curare malattie di diverso tipo, anche molto diverse tra loro per cause, sintomi e decorso, se ne sconosce il meccanismo d’azione, il profilo farmacocinetico e l’eventuale tossicità. Ma non ci fermiamo qui. Il Ministero della Salute ha già valutato una volta tale metodo avvalendosi di esperti del settore, definendo in definitiva “preoccupante la pratica di utilizzare cellule provenienti da un paziente e infuse in un altro paziente, e per quanto riguarda la dose di infusione, la si potrebbe definire omeopatica”. Dunque, oltre ad essercene poche di cellule, esse non sarebbero nemmeno staminali, o quanto meno non rispecchierebbero in pieno tutte le caratteristiche che deve avere una cellula staminale. Come già fatto dal ministero ricordiamo anche noi come la fisiologia del corpo umano vieti l’infusione di materiale organico da un corpo ad un altro senza preventivi controlli di compatibilità e successive precauzioni (vedasi rigetto nei trapianti). Non è ancora tutto. Nelle carte dell’inchiesta di Torino condotta dal pm Raffaele Guariniello si evincono dati preoccupanti: l’elenco dei rischi potenziali  è particolarmente lungo ed è suddiviso in base agli step del procedimento. La biopsia midollare, la manipolazione delle “cellule staminali”, le reintroduzioni mediante puntura lombare di materiale non sterile, viste anche le condizioni di lavoro, non sono esenti da controindicazioni anche gravissime: si parte da “nausea e cefalea” per arrivare alle meningiti batteriche, dagli ematomi ai traumi midollari, fino al “rischio di insorgenza di tumori dovuti alla possibile trasformazione di cellule durante le manipolazioni in vitro”. Dunque metodo pericoloso oltre che potenzialmente inefficace, che dire di più? Che come al solito ci rimette il malato con le rispettive famiglie, che dapprima senza alcuna speranza hanno visto qualche tempo fa un uomo dai lunghi capelli grigi, barba a mo’ di santone, sguardo vispo e truffaldino, indicarvi la luce in fondo al tunnel che purtroppo, ad oggi, è soltanto una lanterna che dovrà seguire ancora moltissime altre fasi prima di diventare eventualmente luce.

Fabrizio Barone



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