di Nino Passalacqua Il 10 Agosto scorso ha reso l’anima a Dio mons. Calogero Russo, noto ai più avanti negli anni come “Padre Arciprete”, l’arciprete per antonomasia. Una vita, la sua, spesa totalmente al servizio della Chiesa per amore a Gesù e per il bene delle anime. In perfetta linea col suo “programma” esplicitato all’atto della sua ordinazione sacerdotale nel classico “ricordino” in cui, dopo aver dichiarato il suo intento di operare “A. M. D. G.” (Ad Maiorem Dei Gloriam) e aver ricordato l’ammonimento “Tu sei sacerdote in eterno”, proclamava il suo motto “Jesum et Animas” (Gesù e le anime), dove la scelta dell’accusativo fa intendere chiaramente la direzione verso cui intendeva proiettarsi.
Ordinato Sacerdote l’8 marzo del 1941, a soli 23 anni non ancora compiuti (era nato a Partanna il 21 maggio 1918), padre Russo viene impegnato dapprima presso il Seminario Diocesano, come docente e vice Rettore, e successivamente in Curia, quale segretario dei Vescovi mons. Salvatore Ballo Quercio e mons. Gioacchino Di Leo. Nel 1954, però, dall’Arcivescovo palermitano viene destinato alla guida della Chiesa Madre di Partanna in un momento delicatissimo della vita ecclesiale di tale comunità per il traumatico abbandono del predecessore. In tale ruolo, svolto per oltre 43 anni, l’Arciprete Russo, per la sua vasta cultura e la profondità di fede, unite a sincera umiltà e pregnante carità, diviene punto di riferimento per la comunità partannese, un “faro” da cui ricevere luce e a cui ispirarsi. Anche quando, in seguito alle dimissioni per oltrepassati limiti di età, vivrà da semplice “sacerdote” (come amava sottoscriversi) fino alla fine dei suoi giorni. Devoto alla Chiesa fino allo spasimo, l’Arciprete Russo aderisce in ogni tempo sempre prontamente alle indicazioni provenienti dalle gerarchie ecclesiali: è il caso, ad esempio, dell’impegno profuso nell’opera di integrazione della Parrocchia nello spirito del Vaticano II o quello messo in atto per la buona riuscita del XV Sinodo Diocesano e per la pronta attuazione delle indicazioni che ne seguono. Il suo “capolavoro”, sul piano pastorale, resta, comunque, la costituzione dei Centri di Ascolto presso le famiglie, facenti capo ai vari settori in cui viene divisa la parrocchia (oltre 30!), destinati ad essere luoghi di studio, di meditazione e di preghiera durante i momenti forti della vita liturgica, animati da laici opportunamente preparati. Un “capolavoro” ispirato all’idea della necessità di uscire dalla “sacrestia” per arrivare direttamente alle famiglie e sostanziato dal coinvolgimento del più gran numero di collaboratori nel ruolo di “catechisti” e dalla produzione di sussidi (relazioni, schemi, schede) messi a disposizione degli stessi catechisti e dei fedeli, frutto delle proprie profonde conoscenze teologiche e delle competenze tecnologiche acquisite da autodidatta e supportate da una “stamperia” via via sempre più “sofisticata”: dalla semplice macchina da scrivere e dal ciclostile ai caratteri mobili e ai fotocopiatori, per arrivare infine al computer e alla stampante. Magicamente, in lui coesistono, in perfetta armonia, l’animo ascetico e lo spirito fattivo. Una sintesi che si manifesta soprattutto a partire dall’evento sismico del 1968 quando l’Arciprete Russo, mentre si preoccupa di assicurare ai fedeli l’assistenza spirituale in forme del tutto estemporanee mediante la predisposizione di “luoghi di culto” presso le tendopoli, prima, e le baraccopoli, poi, si impegna nella salvaguardia del patrimonio storico-artistico partannese, sollecita la venuta a Partanna di un Ordine Religioso Femminile, le Suore di Maria Bambina, e avvia le procedure per la ricostruzione della Chiesa Madre seguendole passo-passo fino alla sua realizzazione nel 1983. Sempre attento alle urgenze connesse alla promozione umana, padre Russo si fa carico delle necessità dei più deboli nei momenti critici della vita dei singoli e della comunità tutta. Nessun bisognoso di una buona parola o di un aiuto materiale esce “a mani vuote” dall’ufficio parrocchiale o dalla casa canonica: sempre nella massima riservatezza. Quella riservatezza che gli consiglia di far passare tutte le opere di solidarietà umana attraverso la Caritas parrocchiale, cui riesce a dare un notevole impulso. E’ durante il terremoto del 1968, tuttavia, che viene “allo scoperto” il Padre Russo “operatore sociale”. Lo stato di bisogno delle famiglie sparse per le campagne a seguito delle prime scosse sismiche lo porta ad interessarsi anche dei problemi vitali della popolazione. Senza tralasciare l’opera di Evangelizzazione, si preoccupa subito di recapitare ai più bisognosi quegli aiuti (cibo, coperte, indumenti, tende) che ripetutamente riesce ad ottenere dalla Pontificia Opera Assistenza diocesana o dalle varie Parrocchie della Sicilia. E sarà ancora presente nella fase dell’allestimento delle tendopoli, prima, e delle baraccopoli, poi, suggerendo, purtroppo inascoltato, di accentrare in un solo luogo i rispettivi insediamenti. In tale fase si occupa della sistemazione a ridosso del Bevaio Nuovo di un gruppo di prefabbricati offerti dalla P.O.A. da adibire a dimora della “Casa dei Fanciulli Renda-Ferrari” e di parecchie famiglie numerose, nonché dell’accoglienza di un nucleo di operatrici della Scuola per Assistenti Sociali della Diocesi di Palermo. L’amore per la sua città e per i suoi concittadini lo porta a prenderne le difese quando Partanna subisce un inopinato attacco giornalistico venendo presentata “quasi città da evitare, in quanto i suoi cittadini inspirano ed espirano mafia o qualcosa che da essa deriva, come omertà o connivenza”. In un “Comunicato” del 15 Agosto 1992 dal titolo “A Partanna un ‘marchio’ immeritato, ai Partannesi il diritto di rifiutarlo” padre Russo, dopo aver stigmatizzato l’operato di molti servizi giornalistici “trasformati in una orchestrata campagna diffamatoria”, esprime il suo rammarico con un grido di dolore (“No, Partanna non meritava questo!”). E, dopo aver invitato ad essere “disposti sempre a perdonare” afferma che “siamo nel diritto e nel dovere di esigere che sia restituita alla nostra Cittadina il volto che le è proprio”. Da ciò, un forte richiamo alla comunità partannese per uno scatto di orgoglio: “Come a Palermo, anche a te oggi l’invito: Alzati, Partanna!”. Ispirato al motto evangelico “ut unum sint”, l’Arciprete Russo nel suo lunghissimo ministero ricerca e realizza, insieme ai confratelli delle altre due parrocchie, un’edificante comunione fraterna che si concretizza in manifestazioni e cerimonie interparrocchiali: e così, oltre alle ordinarie processioni, vengono messi in atto “missioni” cittadine, incontri culturali, corsi prematrimoniali, pellegrinaggi, riti religiosi dei momenti forti della vita liturgica. Un pensiero assillante che, durante il primo periodo post terremoto lo porta ad implorare, in un messaggio rivolto al popolo, “Partanna, se puoi, sii unita come una sola famiglia”, tracciando il percorso della rinascita in 5 risposte alla domanda “Quale sarà il nostro avvenire?. Egli si dimostra dell’avviso che l’avvenire di Partanna “Sarà, come noi sapremo prepararlo! …Sarà ordinato, se noi per primi ricomporremo l’ordine nella nostra vita individuale… Sarà prospero, se noi tutti sapremo unire le nostre capacità nella loro sapiente diversità…Sarà di immediata attuazione, se coloro che sono rivestiti di autorità saranno compatti nel realizzare subito quanto dipende da essi e nel sollecitare quanto dipende da Autorità superiori…Sarà una convivenza serena, se ci comporteremo come una sola famiglia…Sarà cristiano, se sapremo trarre dalla nostra santa Religione tutte quelle ricchezze che fanno dell’uomo “il giusto”, “il paziente”, “il ricco di grazia e di amore di Dio”. Tale ansia ecumenica si proietta, talvolta, oltre le mura cittadine. E’ il caso, ad esempio, della “Consacrazione della Valle del Belice al Cuore Immacolato di Maria” che vede convergere a Partanna per ben due volte i Vescovi e i fedeli delle sei Diocesi (Palermo, Agrigento, Mazara, Monreale, Piana degli Albanesi e Trapani) coinvolte nel sisma del 1968: dapprima nel 1971, in occasione della realizzazione dell’artistica statua lignea della Madonna della Valle del Belice, ideata in sostituzione del simulacro della Madonna Addolorata distrutto dall’incendio della “chiesa-baracca” di Vallesecco, e successivamente nel 2000, in occasione della inaugurazione di una copia marmorea dello stesso simulacro collocata su un’alta colonna in piazza R. Settimo. O quello ancora della “Via Crucis” realizzata nel 1983, lungo le strade provinciali della Valle con raduno conclusivo a Chiusa Sclafani, con la partecipazione della quasi totalità delle comunità belicine. Un turbinio di attività, insomma, protese alla ricomposizione della comunità segnata dalla diaspora del post terremoto e al suo processo di rinnovamento spirituale oltre che di ricostruzione materiale. Fedele all’impegno del “Sacerdozio eterno”, padre Russo, pur avendo lasciato nel 1997 (a 79 anni !), per superati limiti di età, l’incarico di parroco, ha continuato fino alla fine dei suoi giorni ad incarnarne gli ideali integrandosi nella pastorale comunitaria sempre in maniera discreta ma totalizzante. Impossibilitato, per motivi di salute, a partecipare fisicamente alle celebrazioni e alle cerimonie religiose in chiesa, ha trasformato, col permesso del Vescovo, la sua casa in un luogo di culto permanente adibendo a Cappella la stanza più idonea, aperta quotidianamente ai fedeli per la Santa Messa e l’adorazione del SS. Sacramento. La sua dipartita da questo mondo, ne sono certo, segna nella sua “storia”, (vissuta alla luce dell’espressione ‘come vuole il Signore!’ con cui era solito intercalare il discorso), l’ultima tappa terrena di un cammino proiettato verso l’agognata meta della santità. Una certezza confortata dalle parole ispirate che il Vescovo, mons. Domenico Mogavero, ha fatto risuonare nella storica Matrice di Partanna il 12 Agosto 2022 durante l’omelia della Messa di suffragio. Il celebrante, dopo aver ricordato che la morte non è l’ultima parola della vita, non è la “fine”, ma la porta attraverso cui raggiungiamo il nostro “fine”, la “vita eterna”, ha tenuto a sottolineare che questa è la fede dei credenti che si addormentano nel Signore; la fede del caro padre Calogero Russo che ha concluso la sua vita terrena da credente; una fede tanto più eroica quanto più mantenuta nel tempo. Quando “l’attesa della venuta del Padrone” non è breve, infatti, “l’olio della lampada richiede innumerevoli e continue ricariche”: e ‘l’attesa’ di padre Russo è stata lunghissima, addirittura 104 anni. Una certezza, questa, che mi porta ad affermare che Partanna con la morte di Padre Russo ha perduto, sì, uno dei suoi più preziosi Maestri, ma ha guadagnato un Patrocinatore in Cielo! (n.p.).