Partanna nella storiografia (2)

di Antonino Passalacqua  Il secolo XVIII è senz’altro il più ricco di notizie riguardanti la storia del nostro territorio. La relazione più organica risulta senz’altro quella inserita in un dizionario topografico, Lexicon topographicum Siculum, redatto in latino tra il 1757 e il 1760 dallo storico e letterato catanese Vito Maria Amico (1697-1762) e tradotta, con una nota aggiuntiva, in lingua italiana nel 1859 dal chierico Gioacchino Di Marzo. Il territorio In tale dizionario il territorio viene così descritto: “Lat.[ino] Partana. Sic.[iliano] Partanna (V.[allo di] M.[azara])- Paese, oggi insignito del titolo di principato, detto antico dal Pirri, copioso in vino ed in agrumi; esisteva e celebre nel tempo dei Normanni e gode di un fertilissimo territorio, fecondato da ogni parte di varie vene di acque, adattissimo alla produzione dei frutti. Ne è il sito in un colle ad austro; e mi ho incerto perchè la munitissima fortezza nella cima si ascriva ad Andrea Chiaramontano, poiché ne era una antica sotto i Normanni”. Come si può notare, l’Amico, quanto al nome del “paese” sembra equiparare la dizione letteraria “Partana” con quella volgare “Partanna”, mentre testimonia sia l’espansione dell’abitato sul “colle”, sia la presenza in esso di “una antica” fortezza già al tempo dei Normanni. Chiese, Conventi e Opere Pie Quanto ai luoghi di culto, l’Amico sembra rielaborare notizie pervenutegli dai vari autori del ‘600. “La chiesa maggiore parrocchiale è sacra, giusta il Pirri, a s. Maria della Catena, ma dicesi anche intitolata alla Trasfigurazione del Salvatore; si ha una pingue dote e le presiede l’arciprete sotto il Vescovo di Mazara. Pei Minori Conventuali venne fondato il convento nel paese dall’anno 1484, e gli è contigua una decente chiesa dedicata a s. Francesco, che conserva una statua di s. Antonio di Padova tenuta in sommo onore dai popoli circonvicini. Al di fuori, i Cappuccini ottennero dall’anno 1548 la chiesa di s. Andrea, e fabbricato il convento, vi adempiscono i sacri uffìcii. Fa menzione il Pirri dell’ antichissimo convento dei Carmelitani, che splende oggi frequente di monaci sotto il titolo della B. Vergine Annunziata. Giuseppe Rosso fondò nella chiesa di s. Maria nell’anno 1637 l’oratorio di s. Filippo Neri, che è quasi deserto. Gli agostiniani scalzi abitano sin dopo la metà dello scorso XVII secolo la chiesa di s. Niccola. Le Monache di ordine benedettino sotto il titolo del fondatore si hanno un decentissimo monastero circa dall’anno 1660. 11 chiese filiali nutrono in fine nel paese la pietà negli abitanti”. Da notare che, mentre è encomiabile la precisazione sulla intitolazione della chiesa madre, non si può non rilevare una certa confusione riguardo al convento dei Carmelitani (a quella data è già entrato in funzione il nuovo complesso conventuale) e al monastero delle benedettine (il breve papale di autorizzazione alla costruzione è del 28 maggio 1683, reso esecutorio dal vescovo il 27 agosto 1686). Riguardo alle opere pie, egli ricorda che “assegnale una casa per le donzelle orfane” e che esiste un “Monte di Pietà [che] si ha annesso un Ospedale sotto il nome di s. Antonio per gl’infermi poveri, come ne fa menzione il Pirri”. Popolazione e ordinamento amministrativo Puntuali e circostanziate risultano le notizie riguardanti la popolazione e l’ordinamento amministrativo. “Contavansi sotto Carlo V 654 case e 4866 anime nel 1595. Nel seguente secolo appo il Pirri 1172 fuochi e 4992 anime, ma nei regii libri dell’anno 1652 appariscono 1718 fuochi e 7122 anime, e nel nostro tempo, cioè nel 1713, 2832 case e 7317 anime, ed ultimamente 7424. Comprendesi Partanna nella diocesi di Mazara, nella comarca di Salemi, e nella prefettura militare di Sciacca, cui sotto la bandiera spediva 5 cavalieri e 50 pedoni. Ne gode il Signore del mero e misto impero, siede fra i principi al XXVII posto nel Parlamento ed assegna il magistrato del paese”. Sintetizzando in tal modo le prerogative dei Principi Grifeo. Origini di Partanna Riguardo alle origini di Partanna, l’Amico riprende le ipotesi formulate da Aretio e Maurolico. “Credettela Arezio antica di origine e forse colonia di Ennesi, il che ricava dal nome, quasi Parte di Enna, poiché si combinano queste due voci Pars e Enna da cui Partanna. Dice Maurolico derivata la voce Partanna da Spartana, come se sia stata una colonia spartana”. Senza prendere posizioni personali in proposito, lo storico catanese mette in evidenza il fatto che l’abitato preesisteva alla conquista da parte dei Normanni. “È però inconcusso essere stata, siccome avvisai, nel tempo dei Normanni e concessa ai commilitoni normanni la fortezza di Partanna già espugnata dal conte Ruggiero insieme a Trapani, Mazara, Marsala ed altre terre”. L’ipotesi sulla signoria dei Paternò A tal proposito l’Amico sostiene che ad essere investito per primo della Terra di Partanna fosse un “De Paternione”. A sostegno di tale ipotesi porta la testimonianza di una lapide. “Tagliando una strada in Catania nell’anno 1730 al lato settentrionale del Collegio della Compagnia di Gesù, si imbatterono gli operai in una lapide infranta, nella quale recatami lessi in grandi lettere gotiche: “… De Paternione Militi Viro Àrmis Egregio Bu/… rtanae Comiti Roberti Filio Mathildis Uxor/… Posuit Die VIII Aprilis Anno M.C.LXVIII”. Stimerei doversi nel modo seguente supplire i mancamenti: “Constantino De Paternione Militi Viro Armis Egregio Bu/Cherii et Partanae Comiti Roberti Filio Mathildis Uxor/Maerens Posuit Die VIII Aprilis Anno M.C.LXVIII”. Poiché fiorì Roberto De Paternò nel 1160, come dimostrai evidentemente nella Cat. illust. lib. x cap. Ix, ed anche Costantino di Paternò figliuolo di lui era superstite nell’anno 1165. Attestano d’altronde monumenti dell’illustrissima famiglia aver tenuto i Paternò le contèe di Buccheri e di Partanna, anzi nella fortezza di Partanna si osservano, per come si dice, le loro insegne, il che a sufficienza dichiara non essermi ingannato nella lettura della lapide. Occorre adunque primo signore di Partanna Roberto di Paternò, cui succedette il figliuolo Costantino marito di Matilde”. Di parere diverso il Varvaro Bruno, il quale, nella già citata opera “Partanna e la lapide dei Paternò nel Museo Biscari di Catania”, confuta tale ipotesi dimostrando 1) che “mai fu scritto il nome di Partanna con una semplice N”; 2) che il diploma di investitura dei Graffeo “precede di ben 29 anni la data dell’epigrafe”; 3) che Buccheri e Partanna non sono state mai “elevate alla dignità di contee”. Concludendo con l’ipotesi che l’epigrafe andrebbe completata con i nomi di “Bu[tera” e “Ma[rtana”. Quanto alle “insegne” dei Paternò presenti “nella fortezza” di Partanna, esse risalgono al sec. XV. La signoria dei Graffeo L’Amico, seguendo la propria ipotesi, sostiene che “la tennero indi i Graffeo, dei quali nell’anno 1190 trovasi Giorgio barone di Partanna, che può stimarsi, o nato da Giovanni stragoto di Messina, la di cui figliuola Ula venne sposata secretamente da Ruggero, o da Sergio Graffeo razionale di Sicilia”. Ma, stando alla tesi del Varvaro Bruno, non “da indi” (cioè dai conti Paternò in poi), ma fin dal 1137 i Graffeo “tennero” Partanna, avendola ottenuta Giovanni II Graffeo dallo stesso Re Ruggero. Con tale precisazione, si può seguire l’Amico. “Splende nel censo di Federico II Orlando Grafeo, che erroneamente l’Ansalone riconosce nell’anno 1303 primo signore del paese di questa famiglia: testimonio lo stesso Ansalone, fu giudice di Messina ed ebbesi il figliuolo Goffredo, da cui e da Olivetta Perollo nacque Giovanni, del quale rimane memoria sotto il re Ludovico; prese in moglie Ximenia de Arenos e generò Benvenuto soggetto alla curia per Partanna nel registro del re Martino; fu maestro razionale, e generò Onofrio nel 1413 barone di Partanna; da cui Baldassare, donde Mario, e da costui Guglielmo per privilegio di Filippo IV nominato primo principe di Partanna nell’anno 1627; ebbesi costui da Eleonora Bologna il figliuolo Mario, il quale fu duca di Ciminna per dritto della moglie Antonia Ventimiglia, Pretore di Palermo, Prefetto della Sicola Milizia, ed ebbesi ad erede il figliuolo Domenico, cui toccò in moglie Elisabetta Marino duchessa di Gualtieri e signora di Protonotaro, come unica di Francesco, donde nacque Benedetto, il quale unito a Giovanna Filingeri generò Girolamo, che poi sostenne le primarie cariche in Palermo, dove fu dei 12 pari del regno, Questore e Pretore, ed in fine intimo consigliere di Carlo imperatore; da Laura Grua ebbesi Benedetto principe oggi di Partanna e duca di Ciminna e di Gualteri, cui Pellegra Statella partorì Girolamo II, marito a Dorotea del Bosco”. Altre notizie Interessanti risultano anche le notizie riguardo ai prodotti agricoli e al relativo commercio che costituiscono la quasi totalità dell’economia partannese. “Il territorio di Partanna, come ricordasi dal Pirri, piantato nella maggior parte a vigneti, non lieve guadagno rende agli abitatori ed abbonda in melaranci ed in limoni; in tanta copia intanto produce biade di ogni genere da non sottostare ad altra terra della provincia”. Una annotazione curiosa conclude, infine, la relazione dell’Amico. “Ricordasi dal Mongitore Bartolomeo Vita da Partanna della compagnia di Gesù, che rifulse in questo nostro secolo nella poesia e nell’arte oratoria”. (Continua)


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