Un tempo, negli anni sessanta, si chiamava edonismo. Non ci si accontentava di essere, ma si cercava ad ogni costo il piacere. Oggi si cerca il benessere, parola in cui cambia il referente, ma non il significato. Scrive Anthony De Mello che quando uno ha dei problemi psicologici anche gravi, non vuole cambiare, vuole solo stare bene, cioè bene stare. Ai miei tempi c’era chi, sulla carta di identità si faceva scrivere: professione benestante. Doveva essere molto sicuro di sé e soprattutto doveva godere di buona salute e avere un bel gruzzolo che gli permettesse di vivere bene senza lavorare. Oggi si corre dallo psicologo, meglio se fa parte di una cooperativa in cui la quantità delle persone che intervengono può sostituire la qualità non sempre garantita specie se la qualità non è controllata da esperti terzi come prescrive la legge. Se ne scriviamo qui è per avvertire i lettori che non sempre andare dallo psicologo è una buona scelta, malgrado le promesse di manifesti pubblicitari (spesso senza bollo, ma chi controlla?) che promettono, ma non sempre possono mantenere. Sia chiaro che esistono psicologi bravi e seri, ma ne esistono anche di poco affidabili. Il discorso varrebbe per tutte le professioni, ma con la psicoterapia è importante stare accorti: un medico dell’anima non bravo, vi manda all’inferno in terra. Qui prenderemo in considerazione quelle psicoterapie che invece di far bene, fanno male, anzi malissimo Sono terapie (sic!) proposte in anni recenti e professate da terapeuti che non si avvalgono di alcun controllo di un esperto riconosciuto, se non altro per evitare le conseguenze del transfert e del controtransfert – o comunque si voglia chiamare – che riesce ad attutire i colpi inevitabili di chi viene a contatto con la sofferenza mentale. Queste psicoterapie vanno criticate ed evitate per questi motivi generali: a) Riferimenti teorici inesistenti, vaghi o poco plausibili (rispetto a fondate e serie teorie psicologiche). b) Assente o insufficiente documentazione della loro utilità ed efficacia. c) Spiegazione di molti (o di tutti i problemi e disturbi psicologici) sulla base di un’unica causa generale (tratti autistici? Hai avuto una madre frigorifero, vuoi fare il chirurgo? Forse hai giocato troppo con la cacca!)) e di conseguenza proposta di una tecnica terapeutica unica e uguale per tutti i pazienti piccoli o grandi, maschi e femmine. Spesso sono le mamme a correre dallo psicologo perché iperprotettive o preoccupate perché il loro bambino non mangia la pappa col pomodoro secondo i dettami di quella grande psicologa – ora un po’ rugosa e cellulitica – che fu Rita Pavone. In verità anche Gianni Morandi era un maniaco del latte: chiedeva, infatti, alla “morosa” di farsi mandare dalla mamma a prenderlo dal lattaio. Ma una mamma che al primo segnale di stranezza corre dallo psicologo, non è una buona madre. I rifiuti, i no, i pianti, le arrabbiature, i capricci dei bambini a volte sono solo capricci, sono gli psicologi e le psicologhe d’accatto a vedere ciò che non c’è. Una volta il vecchio Freud fu costretto ad una cena in cui una signora voleva sapere tutto della psicoanalisi, dall’antipasto al dolce. E tormentò il vecchio Freud interessata ai simboli fallici soprattutto. Finita la cena il buon Sigmund cercò un angolino tranquillo per gustarsi finalmente il suo sigaro. E mentre lo odorava, lo tagliava, lo inumidiva, ecco che la signora sbucò dall’angolo e disse maliziosamente indicando il sigaro: Eh eh dott. Freud… quello, quello… E Freud, sornione: “signora, a volte un sigaro è solamente un sigaro”. Andare ad ingrossare il portafogli dello psicologo già gonfio di suo (spesso gli psicologi fanno anche altri mestieri) non sempre è cosa buona e giusta. A volte è diseducativo: il bambino vuole concentrare l’attenzione su di sé. E così ha ottenuto il suo scopo. Non ha avuto quei NO che aiutano a crescere. A parte gli approcci fantascientifici – counseling sciamanico, le ripetizioni della vita prima e dopo la nascita, il regresso all’infanzia ecc. – ci sono anche le Università (per lo più straniere) a fare-non fare da garanzia. Attenzione: diffidate da chi cura senza aver fatto gli anni (adesso sono cinque) relativi alla specializzazione in PSICOTERAPIA. Un semplice psicologo è poco più che un testista, non scambiate il tecnico di laboratorio con il medico, quello vero. Circola un aneddoto sugli psicologi. Non verificate sulla vostra pelle se è vero. La differenza tra il poeta, il filosofo e il teologo è la seguente: “il poeta cerca, in una stanza buia, un gatto nero; il filosofo cerca, in una stanza buia, un gatto nero, che però non c’è; lo psicologo cerca, in una stanza buia, un gatto nero, che non c’è, e dice di averlo trovato”. La battuta, assai efficace, si presta a varie considerazioni, ma qui – secondo il costume di Kleos – ne facciamo una sola. Prima di andare da uno psicologo, vi conviene attendere. Il tempo è lo psicologo migliore. Ma se proprio vi scappa…Informatevi. Solo Cirio invitava a non guardarci dentro. E fuori. Credere va bene. Ma ad occhi chiusi solo in Dio.
Vito Piazza già docente di psicologia clinica II Cattedra Università di Milano