Quando leggerete (e se lo leggerete) questo articolo non saremo al sicuro né avremo quelle certezze che in qualche modo abbiamo sempre avuto. Perciò addio alla retorica dei buon sentimenti, degli auguri che le alte personalità della scuola immancabilmente fanno, ai soliti “armiamoci e partite!”. Tranne poi a dirci che siamo lavoratori a mezzo servizio e che abbiamo tre mesi di vacanza. Dobbiamo guardare in faccia la realtà e vigilare: è qui la differenza tra insegnamento ed educazione, tra teoria e pratica, tra scuola che fornisce un curriculum scholae e scuola che è vita e non solo preparazione alla vita come diceva il vecchio e dimenticato Dewey. Ciascuno di noi in aggiunta alla pandemia ha le proprie paure e nessuno ha il diritto di denigrare nessuno. Da vecchio ispettore ricordo l’ispettore che firmò la mia conferma in ruolo dopo due anni di periodo di prova (quasi 60 anni fa). Ero orgoglioso dei miei ragazzi che alzavano le mani alle domande dell’ispettore: ed ero loro grato perché, vedendo quell’ispettore la loro prontezza e preparazione, avrebbero contribuito a farmi passare felicemente di ruolo. Ma alla fine della visita l’ispettore (che qualche volta parlava delle “sue Madonie” ed eravamo a Milano) mi prese da parte e invece dei complimenti che mi aspettavo mi disse: “Caro amico, lei POTREBBE diventare un ottimo maestro, ma ad una condizione”. Deluso e un po’ impaurito gli chiesi perché, come. Mi disse: Gli aquilotti voleranno da soli. Lei deve occuparsi dei piccoli passeri che faticano a volare. Dico lo stesso a quei maestri che credono nel programma più che negli alunni, a quei maestri che hanno smesso di imparare e non hanno più bisogno di maestri. Non riempiamoci la bocca con la scuola INCLUSIVA: facciamola giorno per giorno. Tra essere e avere scegliamo l’ESSERE. Non è così facile, i termini sono ambigui: si dice io sono laureato, io sono sposata/sposato, io sono psicologo, io sono padre di famiglia, io sono ricco, sono colto… In realtà si tratta di proposizioni che attengono all’AVERE: io ho la laurea, io ho moglie/marito, io ho dei figli, io ho uno studio… Si tratta di status acquisiti e non ascritti, ma sono frasi che denotano l’avere come appartenenza. Io non sono del Rotary, ma HO l’appartenenza al Rotary. Confesso pubblicamente la mia scarsa conoscenza della matematica: l’ho imparata dai miei alunni. Oggi sarei stato un BES, ma la Provvidenza esiste. Non siate maestri perfetti. Sforzatevi di essere QUASI perfetti. E date ai vostri alunni ciò che davvero SIETE. Sia il vostro mestiere di maestri come la mission di Don Milani: maestro è colui che non ha altri interessi culturali che non siano quelli trasferibili ai ragazzi. Il resto è del maligno o dei cattivi maestri. Un’ultima notazione pratica, MOLTO pratica. Come nei cartelli dei camionisti DAI NEMICI MI GUARDO IO, DAGLI AMICI MI GUARDI IDDIO, state attenti ai colleghi che si dedicano ad attività sociali (tempo libero, discoteche, schiticchiate, attività professionali varie) che sono più a rischio di chi fa solo il docente. Niente pettegolezzi, niente controlli fiscali, ma un CORRETTO CONTROLLO SOCIALE: chi non ha la coda di paglia non invocherà la privacy. E abbandoniamo la cultura (subcultura) partannese (che vuole che ad un ”parmu di lu me c…) e dato che la “cosa” riguarda noi, voi, i ragazzi, le famiglie… iniziamo l’anno con lo splendido slogan (che è filosofia di vita, valorizzazione dell’ESSERE) di Don Milani: I CARE (Mi interessa). Il resto è fascismo.
Vito Piazza ispettore emerito.